Caso Anm, maggioranza divisa
da La Repubblica dell'1.11.99
di CLAUDIA FUSANI
ROMA - Cossiga parla di "magistrati militanti" e di "prepotenza di
una ben definita setta politica che agisce all'interno del nobile ed integerrimo
corpo della magistratura italiana". L'onorevole Giuliano Pisapia, indipendente
nelle liste di Prc, ammette che l'ex capo di Stato "pone, pur nei modi
tutti suoi, un problema reale: parte della sinistra ritiene che vi siano
procure o singoli procuratori non solo intoccabili ma anche non criticabili".
Avvocati come Carlo Taormina inneggiano allo scioglimento dell' Associazione
nazionale magistrati poiché "emblema di partitocrazia".
La crisi del sindacato che raccoglie circa settemila magistrati, il
"siluramento" del presidente Antonio Martone - vittima, dice Cossiga, di
Caselli e della sentenza Andreotti - e il vuoto alla testa delle toghe
italiane, soffiano sul fuoco politico del nodo giustizia. Come era prevedibile.
E dalla solidarietà a Martone, passando per le accuse ai "giudici
comunisti che lo hanno costretto alle dimissioni", si arriva a dichiarazioni
bellicose, firmate sempre da Cossiga, del tipo: "La reazione insensata
dei Ds alla sentenza Andreotti può costituire un grande ostacolo
a quell'accordo tra le forze politiche del nascente Nuovo Ulivo e quelle
che vengono chiamate le forze politiche del Trifoglio". Traducendo il Cossiga-pensiero:
D'Alema non può pensare che un nuovo patto di governo, o la conferma
di quello esistente, possa reggere senza la riforma dell'ordinamento giudiziario.
La crisi al vertice dell'Anm era un boccone troppo prelibato per non
essere cotto e mangiato al tavolo del nodo-giustizia e relative polemiche
politiche. Le accuse di Martone ai colleghi magistrati "struzzi" e "chiusi
al dialogo" che lo hanno "strumentalmente accusato di non aver difeso Caselli
il giorno dell'assoluzione Andreotti" hanno avuto ieri una prima risposta
proprio dall'ex capo dello Stato, che di buon'ora ha inviato un lungo telegramma
di solidarietà a Martone "travolto dalla prepotenza di una ben definita
setta politica che agisce all'interno del nobile corpo della magistratura
con insinuazioni ed aggressioni volte a piegarla in un disegno obliquo
di natura politica, in una visione giacobina e bolscevica della giustizia...".
Il telegramma prosegue con questi toni per una trentina di righe. E anche
Martone, in ritiro a Gubbio, resta un po' così quando gli vengono
lette al telefono. "Beh, beh - dice - devo leggere prima di rispondere.
Alcune cose vanno un po' chiarite".
Sull'esempio di Cossiga, Maurizio Gasparri, vicepresidente di An, invoca
"la ribellione della maggioranza dei magistrati ai diktat di una minoranza
di comunisti e post comunisti che continuano a dominare la vita associativa
della categoria". Pisapia (Prc) spiega che "il lato positivo della gestione
Martone dell'Anm è stato proprio il non sostenere acriticamente
qualsiasi presa di posizione dei propri aderenti ma aver cercato di distinguere
tra tentativi di deligittimazione della magistratura e critiche necessarie
e doverose laddove c'è stata negligenza e sono stati commessi errori".
A nessuno viene in mente che la verità sul caso Martone può
essere molto più semplice. Ci pensa Carlo leoni, responsabile giustizia
dei Ds: "Non c'è stata nessuna congiura di sinistra. Le vicende
che hanno portato alle dimissioni sono interne all' Anm ed è bene
che non siano strumentalizzate politicamente da nessuno".
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