Legge
da rivedere
da La Repubblica del 20.4.99
IL governo si accinge a cambiare la legge sulla violenza sessuale. Lo
fa sull'onda della cronaca, come accadde nel '95 dopo un'estate nera di
stupri finiti in prima pagina. Questa volta, le modifiche scattano dopo
sentenze di Cassazione, magari impeccabili per tecnica giuridica ma autentici
sfregi al buonsenso. Non si "assolve" chi mostra immagini porno ai bambini,
non merita attenuanti, ma anzi aggravanti chi stupra una donna incinta.
Cioè una persona in evidente situazione di "debolezza".
La legge, per consentire una libera sessualità ai malati di
mente, aveva escluso pene più severe per chi subisce violenza in
stato di inferiorità fisica o psichica. Molto "politically correct"
nelle intenzioni, ma un boomerang nella realtà. Destra e sinistra
concordano oggi, nella sostanza, per la revisione. Dalla sinistra era però
arrivato nei giorni scorsi un appello a non cambiare sulla scia dell'"emergenza",
cioè della scandalizzata reazione dell'opinione pubblica.
Stessa osservazione avanzata per la legge sull'aborto. La scienza,
però, adesso ci dice che un feto di 23 settimane può nascere
vivo da una interruzione volontaria di gravidanza. Caso rarissimo, ma impensabile
quando quella norma fu approvata.
Sembra il destino delle leggi-bandiera. "Partorite" dopo anni di faticose
barricate, ad alto contenuto simbolico, vere rivoluzioni anche per la morale
collettiva. Conquiste delle donne. Eppure, la cronaca può metterle
in discussione. "Le leggi non sono tavole di Mosè", ragiona Maretta
Scoca, sottosegretario alla Giustizia, udr, autrice del ddl di riforma
sullo stupro.
Non vanno santificate, non sono perenni, possono addirittura essere
sottoposte a revisione periodica, con decisione preventiva. Specie quelle
che coinvolgono l'etica collettiva, come appunto la violenza sessuale,
ma anche il diritto di famiglia o la fecondazione assistita. Gli italiani
soffrono della distanza della giustizia dalla loro vita quotidiana. Se
è sbagliato, allora, legiferare con troppa fretta, e dunque col
rischio di lacune e superficialità, è anche vero che per
riavvicinare i cittadini all'iperuranio dei tribunali è utile, forse
indispensabile, ascoltare gli umori che vengono dalla società civile.
Quello che "fa scandalo", nelle aule di giustizia, non va ignorato.
Tocca a governo e parlamento, con mente fredda, correggere dove si può
aver sbagliato. Magari in buona fede.
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