Nuovo
siluro dell’Antitrust: Ordini solo come eccezione
da Il Sole 24 ore del 20.2.99
di Giuseppe De Rita
La regolamentazione delle professioni intellettuali costituisce uno
dei punti più importanti, anche se non molto conosciuti dell’agenda
politica.
In Parlamento giacciono quattro proposte di ridefinizione del sistema
professionale: i partiti, ma anche gli organismi di categoria organizzano
convegni e dibattiti, i media cominciano a dedicare all’argomento più
spazi e maggiore attenzione nella loro trattazione. Il punto è che,
di pari passo all’intensificarsi dell’attenzione sull’argomento, si è
andata perdendo la logica e l’ispirazione originaria da cui il processo
di riforma aveva preso le mosse. L’urgenza di mettere mano al sistema professionale
era ed è legata ad almeno tre ordini di ragioni:
la necessità di far contare di più le attività
professionali nei processi di sviluppo del Paese, liberandosi dalle rigidità
e dai vincoli che per molto tempo le ha caratterizzate. Questo può
accadere in quanto si prevedono meccanismi di accesso alle professioni
che incentivino a migliorare costantemente la qualità delle prestazioni
e quindi inducano alla creazione di una comunità di lavoro fortemente
coesa e competitiva;
l’opportunità di riarticolare il concetto di tutela professionale,
fino a oggi interpretato nella sola direzione di una maggiore protezione
degli operatori e che invece richiede di essere arricchito con uguale attenzione
anche per i destinatari di servizi professionali. Questo non significa
che i professionisti non debbano più essere "protetti", ma che cambia
il significato attribuito a questo termine, riempiendosi di nuove offerte
di accompagnamento per la loro crescita professionale e per percorsi guidati
di formazione permanente;
l’impossibilità di evitare che le nuove logiche di scambio economico
internazionale influenzino anche il settore dei servizi italiano e, al
suo interno, quello delle professioni intellettuali. Gli accordi economici
che gli Stati stringono prescindendo dalle caratteristiche e dai punti
di forza dei sistemi nazionali, tendono ad azzerare le differenze e a una
decisa liberalizzazione, grazie alla quale i livelli della qualità
professionali potranno confrontarsi con standard che ne garantiscano la
riconoscibilità e la circolazione.
Questi tre elementi mantengono intatta la loro capacità innovativa,
ma non si ritrovano in nessuna delle proposte di legge presentate al Senato
e alla Camera, neanche nel progetto di legge-delega "Flick", la cui prima
formulazione ne aveva invece fatto gli elementi fondanti.
È molto forte il pericolo di regolare il sistema professionale
italiano, simulando ragioni che rendono inevitabile questo processo, ma
desimulando la tentazione di guardare solo al passato, senza alcuna possibilità
concreta di cambiamento. Se, alla fine della lunga fase di mediazione politica
che ci attende avremo costruito un sistema che non è in grado di
riconoscere come suo elemento costitutivo una professione che si affermerà
fra due o cinque anni e che potrà viceversa includere solo ciò
che già esiste, avremo perso tempo e non avremo dato al Paese la
riforma che serve.
In questo senso, c’è un gran bisogno non solo di dibattiti e
di linee di convergenze fra schieramenti parlamentari, ma anche di riprendere
e di sviluppare il progetto culturale sotteso alla riforma del sistema
professionale, che ne rappresenta il vero motore di innovazione.
Il Cnel, che prima ancora dell’apertura del "Tavolo Mirone" presso
il ministero di Grazia e giustizia, aveva, delineato un modello duale per
lo sviluppo integrato delle professioni vecchie e nuove, continuerà
a svolgere questo ruolo di alimentazione culturale delle vicende di riforma
in corso, per una doppia convinzione: che tale ruolo sia essenziale per
raggiungere gli obiettivi di rafforzamento delle attività intellettuali
che si vogliono raggiungere e che solo il presidio costante dell’idea di
riforma che serve — apertura strutturale del sistema ai nuovi saperi, garanzia
dell’alleanza, promozione del professionista — può darle vita, garanzia
di futuro e tenuta nel confronto con la competizione internazionale.
|