Varato
il decreto salvaprocessi
da Il Messaggero del 20.2.99
di FIORENZA SARZANINI
ROMA - Tre provvedimenti per evitare scarcerazioni di massa e per recepire
le linee dettate dalla Corte Costituzionale sull’articolo ”513” del codice
di procedura penale. Il governo dà il via libera ai provvedimenti
urgenti richiesti dal ministro di Grazia e Giustizia Oliviero Diliberto.
Due sono decreti, dunque immediatamente esecutivi, che ristabiliscono le
competenze tra tribunale e Corte d’Assise e gli obblighi del giudice in
materia di interrogatorio di garanzia. Il terzo è un disegno di
legge che porta all’esame del Parlamento la ”soluzione” per i processi
in corso riguardo all’articolo 513. Una prima risposta agli avvocati che
su questo hanno già proclamato uno sciopero, per ora non sospeso
visto che il provvedimento dovrà passare al vaglio di Camera e Senato.
Estorsioni e rapine. Una sentenza della Cassazione aveva spostato la
competenza di questo tipo di reati dai tribunali alle Corti d’Assise quando,
conteggiando le aggravanti, la pena edittale superasse i 24 anni di reclusione.
Rischio immediato: scarcerazione per decorrenza dei termini per centinaia
di persone in attesa di giudizio. Il decreto legge varato dal governo modifica
per questo l’articolo 5 del codice di procedura penale che fissa le competenze
della Corte di Assise aggiungendo alla lista dei reati esclusi proprio
la rapina e l’estorsione.
Interrogatorio di garanzia. In questo caso il decreto è diventato
necessario dopo una sentenza della Corte Costituzionale che aveva imposto
al giudice l’obbligo di interrogare chi viene arrestato nella fase delle
indagini preliminari. Dopo aver modificato l’articolo 294 del codice di
procedura penale estendendo l’obbligo di interrogatorio «fino alla
dichiarazione di apertura del dibattimento», il governo ha varato
una norma che riguarda i processi in corso. In questo caso ha previsto
che l'interrogatorio dovrà essere effettuato dal giudice competente
entro venti giorni dall'entrata in vigore del decreto, altrimenti sarà
nulla la misura cautelare.
Il 513. «Le dichiarazioni di imputati di reato connesso non confermate
in aula hanno valore di prova solo se la loro attendibilità è
verificata da altri elementi di prova di natura diversa». È
questo il punto chiave del disegno di legge approvato ieri. Attualmente,
dopo la sentenza della Consulta le dichiarazioni non confermate in aula
possono essere acquisite al processo attraverso la lettura delle stesse
da parte del pubblico ministero. Ora si è stabilito invece che,
di fronte al rifiuto di rispondere «le parti, in mancanza del consenso
alla lettura possono utilizzare le dichiarazioni precedentemente rese,
le stesse possono essere utilizzate per operare le contestazioni relative
alle circostanze indicate a norma dell'articolo 468 del codice di procedura
penale». Ma queste dichiarazioni «sono acquisite nel fascicolo
per il dibattimento e sono valutate ai fini della prova dei fatti in esse
affermati solo se la loro attendibilità è confermata da altri
elementi di prova acquisiti con modalità diverse».
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