Il problema del rispetto della legalità

da La Gazzetta del Sud del 20.2.99

Mario Gonzales *
Dal 18 al 22 giugno p.v. si svolgerà a Palermo, come ha annunciato questo giornale, un convegno mondiale che si propone di sollecitare i paesi democratici a promuovere iniziative volte a favorire, al loro interno, una più diffusa cultura della legalità. Se si dà uno sguardo intorno e si nota come la legalità assuma sempre più aspetti sfumati si comprende l'importanza che tale congresso può avere per il nostro Paese. Il problema del rispetto della legalità è comune a molte democrazie giovani e la nostra, che è appena cinquantenne, non poteva essere estranea a questa problematica. Non vi è dubbio che la tenuta di ogni democrazia è correlata proprio al rigoroso rispetto della legalità e quelle di antica tradizione democratica ne danno ampia prova. In Inghilterra un preside può richiamare il primo ministro Tony Blair per aver fatto rientrare a scuola i propri figli con ritardo di qualche giorno dalla fine delle vacanze natalizie. Così non ha destato scalpore che, negli anni passati, la figlia della regina Elisabetta venisse contravvenzionata per infrazioni al codice stradale. Ma anche dagli Usa ci pervengono insegnamenti di come la legalità sia una componente della democrazia e basti considerare la vicenda del «sexgate» che, malgrado ogni riserva sul merito, ha visto l'uomo più potente del mondo a dover dare contezza della presunta violazione della legalità da parte sua. Il procuratore generale della Corte dei Conti di Catanzaro, in occasione della recente inaugurazione dell'Anno Giudiziario, ha posto all'attenzione dei calabresi una situazione di diffusa illegalità in tutti gli Enti locali della Regione con conseguente spreco di centinaia di miliardi e grave danno per l'economia della Calabria. Se si considera che analoga situazione di diffusa illegalità in tutta la Nazione è stata denunciata dal procuratore generale presso la Corte di Cassazione che ha, peraltro, affermato una persistente e diffusa corruzione malgrado i risultati conseguiti dalla magistratura, si comprende la gravità della problematica in questione. Sembrerebbe che il nuovo governo della Regione Calabria abbia preso in considerazione l'esigenza di porre rimedio a quanto denunciato dal procuratore generale della Corte dei Conti in quanto l'assessore al Personale si è impegnato a rimettere ordine nella burocrazia regionale il cui funzionamento, nell'alveo delle leggi, è propedeutico all'osservanza della legalità verso la quale pare non vi sia stata la dovuta attenzione. È d'obbligo usare il condizionale perché di contro all'impegno di mettere ordine nella burocrazia regionale, assunto dall'assessore al Personale, vi è stata, in questi giorni, la decisione dell'assessore alla Sanità di sospendere tutti i concorsi in via di espletamento nelle strutture sanitarie della Calabria con la motivazione che intende accertare la copertura finanziaria dei posti messi a concorso. È una motivazione che non può non suscitare perplessità quando si considera che lo stesso assessore, prima del «ribaltone» della Giunta regionale, faceva parte dell'opposizione e in tale veste aveva il diritto dovere di accertare la regolarità delle delibere, adottate da oltre un anno, con le quali sono stati ridisegnati gli organici delle strutture sanitarie della Calabria e sulla base dei quali sono stati poi banditi i concorsi. È evidente che provvedimenti di questo genere danno la stura a illazioni di facile lettura. Non può essere sottaciuto che il provvedimento in questione, con il quale si esprimono pesantemente i diritti di quanti partecipano ai concorsi, arriva nel momento in cui gli Ospedali di Catanzaro e di Cosenza vengono classificati agli ultimi posti nella scala nazionale, anche per le carenze del personale. È, quindi, auspicabile che dal convegno di Palermo scaturisca una nuova cultura dell'esercizio del potere da parte di chi ne è investito, che affermi l'obbligo dell'osservanza della legalità e si bandisca quel vecchio concetto, che ancora in alcuni settori della società permane, secondo il quale il potere non è tale se si toglie la possibilità di abusarne. * Prefetto a r.