«513», il guardasigilli anticipa la riforma generale delle prove 

da Il Sole 24 ore del 20.2.99

ROMA — «Sulla giustizia c’è un’inversione di tendenza positiva. C’è una logica costruttiva, che sembrava un miraggio fino a poco tempo fa...». Oliviero Diliberto è alla sua prima "uscita" nella sala stampa di palazzo Chigi. Il guardasigilli è sceso per riferire dei due provvedimenti — un decreto legge anti-scarcerazioni (pubblicato in pagina) e un disegno di legge sul «513» che anticipa parzialmente e provvisoriamente la più generale riforma delle prove, all’esame del Senato — appena approvati dal Consiglio dei ministri, e che da lunedì prenderanno la strada del Parlamento. Una strada rivelatasi particolarmente accidentata, «fino a poco tempo fa», per i provvedimenti sulla giustizia, come dimostra lo stallo di mesi, se non di anni, di quelli funzionali all’entrata in vigore del giudice unico (rito monocratico, depenalizzazione dei reati minori, giudice di pace penale, tribunali metropolitani), sbloccatisi solo di recente, ma non ancora trasformati in legge. Perciò il ministro della Giustizia, pur sottolineando che «il clima è cambiato» e rivendicando il successo della «linea del dialogo» portata avanti con «grande coerenza», preferisce essere prudente sui tempi di approvazione del primo Ddl — quello sul «513» — che porta la sua firma. «Il Governo ne chiederà al Parlamento l’approvazione urgente» assicura. «La maggioranza dovrebbe essere compatta — aggiunge Diliberto, facendo notare l’uso obbligatorio del condizionale —. È un provvedimento atteso da tutti, dall’opposizione, dai magistrati, dagli avvocati. Non dovremmo avere eccessive difficoltà», si sbilancia il ministro, pur continuando a usare il condizionale.
Poche ore più tardi, le prime reazioni alle misure del Governo confermeranno che la prudenza non è mai troppa. Mentre il decreto anti-scarcerazioni (che ridefinisce la competenza per materia di Tribunali e Corti d’assise ed estende l’interrogatorio di garanzia fino all’apertura del dibattimento) è stato accolto positivamente, in particolare dai magistrati («Solo a Palermo — dice il Pm Sergio Lari — si profilavano 130 scarcerazioni»), ma anche dall’opposizione («Un provvedimento quanto mai utile e tempestivo», commenta Renato Schifani di Forza Italia); assai meno entusiatiche sono state le reazioni al Ddl sul «513». Diffidenti gli avvocati, che, pur apprezzando nel merito l’iniziativa del Governo, vogliono garanzie che «anche il Parlamento faccia la sua parte». Tant’è che non hanno revocato immediatamente lo sciopero di un mese che, a partire da lunedì, bloccherà tutti i processi in cui si applica il «513». «Decideremo mercoledì, dopo aver ascoltato i rappresentanti delle forze politiche parlamentari — fa sapere il presidente dei penalisti Giuseppe Frigo —. Noi vogliamo che il testo sia approvato prima di Pasqua e che non si impantani come tanti altri». Durissima, più del previsto, la reazione di Fi, alla quale non va giù l’idea che una legge, seppure provvisoria, sancisca indirettamente il valore probatorio della parola di un pentito. «Piuttosto, meglio niente — spiega Gaetano Pecorella — perché così passa per legge un principio sulla valutazione della prova che era dibattuto in giurisprudenza. Proprio mentre il Senato sta varando la riforma del giusto processo, il ministro propone una legge con cui abbassa il livello di guardia nei confronti delle dichiarazioni dei pentiti». E a chi gli chiede come mai i suoi colleghi avvocati non siano altrettanto preoccupati, Pecorella risponde: «Perché Diliberto è una sirena».
Il Ddl del Governo, sulla scorta della sentenza della Consulta n. 361/98 (che ripristina l’utilizzazione delle dichiarazioni dei pentiti non confermate in aula), stabilisce che le parti debbono depositare la lista con le circostanze che intendono contestare all’imputato di reato connesso; e che le dichiarazioni entrate nel dibattimento col meccanismo delle contestazioni hanno valore di prova solo se confermate da elementi di natura diversa. Dunque anche da dichiarazioni di un pentito interrogato in dibattimento.
«Non sono d’accordo con Fi — dice Pietro Carotti, responsabile Giustizia Ppi — perché questo Ddl è un passo avanti rispetto alle regole attuali, che consentono il riscontro incrociato delle dichiarazioni di due pentiti non assunte in contraddittorio». «Piena condivisione» pure dai Ds nonché dai magistrati. Per Vittorio Borraccetti, segretario di «Md», il Ddl si limita a «introdurre un criterio limitativo per la valutazione delle dichiarazioni»; «è molto buono» dice il procuratore aggiunto di Milano Gerardo D’Ambrosio; «un buon compromesso» gli fa eco il procuratore aggiunto di Caltanissetta Paolo Giordano. Che però aggiunge: «Speriamo non diventi il grimaldello per la riforma dell’articolo 192 del Codice di procedura penale».
Donatella Stasio