Intercettazioni
segrete nell’archivio del Pm
da Il Sole 24 ore del 20.2.99
ROMA — Sull’elenco dei reati "intercettabili" e sui presupposti per
la richiesta, da sottoporre al vaglio del giudice, la Camera potrebbe rimettere
in discussione l’equilibrio raggiunto in commissione, che non soddisfa
in pieno l’opposizione, e in particolare Forza Italia. Sulla riforma delle
intercettazioni telefoniche è stato ieri l’onorevole Gazzilli, in
una discussione generale tranquilla e per pochi intimi, a preannunciare
alcuni emendamenti tesi ad escludere parte dei reati che la commissione
Giustizia aveva "recuperato" solo un paio di giorni prima (si veda «Il
Sole-24 Ore» di ieri, al cui elenco va aggiunta la cosiddetta pedofilia
informatica, di recente inserita nel codice all’articolo 600ter), tra i
quali ha citato la rivelazione di segreti d’ufficio a fini patrimoniali
da parte del pubblico ufficiale (326.3 Cp) e la frode in pubbliche forniture
(356 Cp).
A parte ciò, lo stesso relatore, il verde Saraceni, ha preannunciato
alcune correzioni di natura soprattutto tecnica, a un testo ritenuto un
buon punto di equilibrio nel contemperamento di opposte esigenze e valori
costituzionali.
In attesa del voto dell’Aula, si può accennare agli altri punti
fondamentali del disegno di legge. L’articolo 267 Cpp viene riformulato,
nel tentativo di rafforzare i presupposti dell’intercettazione, che devono
emergere chiaramente nel decreto motivato; analogo criterio è adottato
anche per i reati di criminalità organizzata, nel quadro delle più
ampie prerogative concesse dal decreto antimafia del 1991 (bastano indizi
«sufficienti»). L’elemento nuovo è la verifica sulla
«corretta qualificazione giuridica del fatto», affidata al
giudice. E ciò — secondo l’esplicita indicazione del relatore —
per evitare la «prassi disinvolta» che molti Pm adotterebbero,
"forzando" la fattispecie per ottenere intercettazioni anche per reati
esclusi.
Il sistema di trasmissione, acquisizione, trascrizione delle registrazioni,
è completamernte riscritto, con l’introduzione di nuovi articoli
nel Codice di procedura penale, dal 268bis al sexies. La regola generale
è che, entro pochi giorni dalla conclusione delle registrazioni,
il Pm deve trasmettere al Gip i verbali ritenuti «rilevanti»,
motivandone le ragioni. Viene fissata una speciale udienza (detta appunto
"di acquisizione") in camera di consiglio, comunicata anche al difensore,
che ha facoltà di esaminare gli atti, ascoltare le registrazioni,
estrarne copia. Tutto materiale, questo, che resterà segreto fino
a quando ne sia disposta l’acquisizione.
Quanto non sia acquisito perché ritenuto (almeno momentaneamente)
irrilevante, resta segreto e custodito in un archivio riservato, sotto
la responsabilità del Pm. Potrà essere distrutto solo dopo
la sentenza definitiva, salvo le parti «palesemente» irrilevanti
(specie quando coinvolgano terzi estranei) per le quali si può chiedere
la distruzione anticipata.
La rivelazione di atti dell’archivio riservato (al quale, ferma restando
la responsabilità del Pm nel custodirlo, possono accedere solo lo
stesso Pm, il giudice, i difensori, e il personale ausiliario espressamente
autorizzato) costituisce un’aggravante rispetto all’attuale articolo 326
Cp (che, a seconda delle circostanze, può arrivare a tre anni di
pena); ma la rivelazione particolareggiata del «contenuto»
delle intercettazioni costituisce un nuovo reato (617sexies Cp), punito
con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Molto si discusse di questa
norma, all’epoca della presentazione del ddl del Governo (sul punto, quasi
integralmente ripreso) anche in relazione alla punibilità o meno
dei giornalisti. E si disse che, quando il giornalista non partecipi al
"trafugamento", ma si limiti a ricevere verbali dal pubblico ufficiale
infedele, non sia punibile; almeno non da questo nuovo articolo.
Angelo Ciancarella
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