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al 513 e alla nuova legge contro le scarcerazioni facili
da La Repubblica del 20.2.99
di LIANA MILELLA
ROMA - Un decreto antiscarcerazioni che soddisfa i magistrati di Palermo
e una proposta di legge urgentissima sul 513 che a Milano salutano come
"un primo passo verso una buona riforma", ma che non riesce a far rientrare
lo sciopero degli avvocati in programma da lunedì. Il Guardasigilli
Oliviero Diliberto porta in Consiglio dei ministri due provvedimenti importanti
e ottiene l'ok per tutti e due. Ne racconta il contenuto, mettendo soprattutto
in rilievo la rilevanza politica dell'iniziativa: "C'è un'inversione
di tendenza sulla giustizia: stiamo procedendo in una logica costruttiva
e di dialogo con l'opposizione che fino a un mese fa sarebbe sembrata un
miraggio". Qualche ora dopo, all'inizio di un tour di tre giorni negli
uffici giudiziari calabresi, aggiunge: "È difficile immaginare un
impegno maggiore del governo sui temi della giustizia. Perché quello
che stiamo facendo è il massimo". E ricorda un impegno preso - cioè
mille magistrati in più rispetto agli ottomila attuali - commentando:
"È la prima volta che un ministro della Giustizia chiede un potenziamento
così sostanzioso di giudici".
Ma vediamo quali sono i due testi che escono da palazzo Chigi. Partendo
dal decreto antiscarcerazioni che ieri ha fatto dire a Sergio Lari, procuratore
aggiunto di Palermo: "È stata scongiurata la paralisi delle corti
di assise che già sono intasate per i tanti processi contro la mafia.
L'iniziativa era necessaria: solo a Palermo rischiavamo 130 scarcerazioni
perché i tempi processuali si sarebbero dilatati facendo scattare
la decorrenza dei termini".
E in effetti il decreto legge di Diliberto risponde a una sentenza
della Cassazione e ristabilisce la competenza dei tribunali, anziché
delle corti di assise, per i reati come le rapine e le estorsioni aggravate.
Il decreto è immediatamente operativo e salva tutti i processi in
corso. Impedisce soprattutto uno spaventoso ingolfamento delle corti che
già sono alle prese con gli omicidi.
Ma, sempre in tema di scarcerazioni, il decreto contiene anche un secondo
articolo che pone riparo a un'altra sentenza, questa volta della Corte
costituzionale sugli interrogatori delle persone arrestate fino all'inizio
del dibattimento. I tecnici del Guardasigilli stabiliscono che esso potrà
essere fatto dal presidente del collegio, da uno dei giudici oppure da
un loro delegato. E, anche in questo caso per evitare scarcerazioni, il
dl stabilisce che, per i processi in corso, i cosiddetti "interrogatori
di garanzia" dovranno essere fatti entro venti giorni dall'entrata in vigore
delle nuove norme.
Siamo al 513. Diliberto propone, in questo caso, un disegno di legge
(escludendo il decreto che, forse, "avrebbe creato più problemi"),
ma chiede una corsia superpreferenziale in Parlamento. Con una motivazione
specifica: il ddl si risolve in una norma provvisoria, al punto che non
entra neppure nel codice di procedura penale. Essa stabilisce che vale
come prova in dibattimento la testimonianza, pur non confermata in aula,
ma che è riscontrata da altri elementi di prova. Si tratta, in pratica,
del 513 in versione Corte costituzionale. Il procuratore aggiunto di Milano,
Gerardo D'Ambrosio, è soddisfatto. Dice: "È molto buono.
È un primo passo in avanti verso una buona riforma, anche se da
solo non basta". Che non basti lo ha detto anche Diliberto, il quale sa
che tutta la questione della prova dovrà essere affrontata in Parlamento
facendo i conti con le opposizioni. Intanto, però, i processi possono
andare avanti ugualmente.
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