“Sepolta
viva” da due anni una detenuta a Rebibbia
da L'Unione Sarda del 20.1.99
RomaIsolata due volte all’interno della sezione femminile di Rebibbia,
sepolta viva «per una applicazione restrittiva del 41 bis»:
è la condizione di una detenuta di 29 anni, M. M. F., nell’istituto
di pena romano di Rebibbia, denunciata dal deputato verde Paolo Cento in
una interrogazione al ministro di Grazia e Giustizia Oliviero Diliberto.
La donna, arrestata nel ‘95 e condannata a
otto anni dal tribunale di Catania per reati di associazione mafiosa,
«si ritroverebbe a vivere una condizione di doppio isolamento in
quanto unica nella sezione femminile di Rebibbia a vedersi applicato il
41 bis», cioè il regime del carcere duro previsto per i mafiosi.
«La detenuta però non ha commesso alcun reato di sangue
- spiega Cento - e vive in una condizione di grave violazione di diritti
umani che ne mette a rischio la sua integrità fisica e psicologica».
L’avvocato della donna, Catia Calia, racconta che la donna «dopo
quasi due anni e mezzo ormai soffre d’insonnia, comincia a perdere i capelli,
è nervosa, depressa, fa uso di psicofarmaci e si è molto
ingrassata perché non può svolgere nessun tipo di attività».
La detenuta, spiega i legale «anzichè due,
può avere un solo colloquio al mese con i familiari e può
fare una sola telefonata; inoltre, non può sentire nè radio
nè cassette. «Il carcere duro alla mia cliente - continua
l’avvocato - fu applicato dopo 20 mesi di detenzione, ma senza nessuna
motivazione specifica che si riferisse al suo comportamento in carcere.
L’unico riferimento per giustificarlo fu fatto alla condizione del marito,
anche lui in 41 bis al carcere di Parma. I magistrati temevano che
il marito potesse continuare ad avere contatti con soggetti mafiosi e per
questo motivo anche la mia cliente è costretta tuttora al carcere
duro».
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