Vigna:
rischiano di diventare «consulenti mafiologi»
da Il Corriere della sera del 20.6.99
VIGNOLA (Modena) - «C'è da chiedersi veramente perché,
come dice il presidente della commissione Antimafia, sia andato così
a rilento il disegno di legge presentato nel febbraio '97 che doveva razionalizzare
la materia dei collaboratori di giustizia». È l'interrogativo
che pone il procuratore nazionale antimafia Piero Luigi Vigna commentando
la presa di posizione di Ottaviano Del Turco sulla nuova legge per i collaboratori
e sottolineando il rischio che i pentiti possano trasformarsi in «consulenti
mafiologi». «Quando uno viene a riferire cose importanti dopo
tanto tempo, c'è il rischio che si trasformi in una sorta di consulente,
in un mafiologo, il che non è la sua funzione.
«Concordo - aggiunge - sulla necessità che questo disegno
di legge, con tutte le modifiche che il Parlamento vorrà apportare,
sia preso in esame su alcuni punti fondamentali, prima di tutto la previsione
di un termine entro il quale il collaboratore debba rendere le dichiarazioni
sui "fatti indimenticabili", cioè sui fatti più grossi, pena
la perdita dei benefici e della protezione. Altrimenti, quando viene a
riferire cose importanti dopo tanto tempo, c'è il rischio di non
poterle valutare efficacemente. Esse potranno essere valutabili solo se
il collaboratore spiega riscontratamente perché non le ha dette
prima».
Vigna suggerisce una differenziazione delle «forme di provvidenza»
dello Stato nei confronti dei pentiti: «Molto forti per i grossissimi
collaboratori, quelli cioè che incidono sulle strutture delle organizzazioni
criminali, sui loro rapporti internazionali, sul riciclaggio. Li abbiamo
chiamati "Progetti di vita nuova" e vanno parametrati al pericolo che corre
uno che fa queste dichiarazioni. Misure invece provvisorie, ma efficaci,
per chi parli su singoli episodi estemporanei».
LA LEGGE «DIMENTICATA»
IL CASO CANCEMI
Tre giorni fa il «pentito» Salvatore Cancemi, uno degli
assassini di Giovanni Falcone, è stato interrogato nel processo
sui mandanti dell'omicidio del giudice Paolo Borsellino. Cancemi ha parlato
di incontri fra Totò Riina, Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri.
Poi ha concluso con una deduzione sui mandanti delle stragi mafiose del
1992-93: «Se io debbo avere una logica, i discorsi portano là».
Berlusconi lo ha querelato.
LA NUOVA LEGGE
Il caso innescato dalle «deduzioni» di Cancemi ha riaperto
il dibattito sulla riforma della legge sui pentiti. Nel 1997 il governo
presentò un disegno, mai approvato dal Parlamento. Prevedeva la
fine delle «dichiarazione a rate»: il collaboratore doveva
dire subito tutto quello che sapeva, almeno sugli episodi più importanti.
Inoltre i collaboranti venivano obbligati a scontare parte della pena in
carcere e sottoposti alla confisca dei patrimoni di provenienza illecita.
Stipendi e protezioni, infine, venivano concessi solo in casi particolarmente
gravi.
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