«Smontato il rito ambrosiano»

da Il Messaggero del 20.6.98

di SILVIO GENTILE
ROMA - La sentenza della Cassazione che ha annullato la condanna inflitta a Bettino Craxi torna a infiammare il dibattito in tema di giustizia. Il procuratore aggiunto di Milano Gerardo D’Ambrosio sottolinea che il suo ufficio «ha fatto il proprio dovere mentre la sentenza annullata è quella della Corte di Appello», ma il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi attacca duramente la procura milanese. «Questa è una sentenza - dichiara - che affronta il tema dei metodi processuali del Pool di Milano e smonta il rito ambrosiano, con la riaffermazione dei principi costituzionali». E commentando le dichiarazioni dell’onorevole Saponara, secondo il
quale «l’ubriacatura è finita», aggiunge: «Sì, dovrebbe essere così. Se si riuscisse a ritornare ad essere uno stato di diritto, questa dovrebbe essere la situazione».
Silvio Berlusconi parla nel corso di una conferenza stampa convocata a Milano. «La sentenza della prima corte - dice - afferma due principi fondamentali dello stato di diritto: primo, che la responsabilità penale è personale, e quindi esclude il concetto del ”non poteva non sapere”; secondo, che l’onere della prova spetta all’accusa, cioè tutto il contrario di ciò che si è fatto finora, tutto il contrario di quella serie di congetture e di teoremi che hanno portato ai processi e alle condanne da parte di una certa magistratura, la quale ha ritenuto di poter calpestare le regole fondamentali del diritto».
E a Caselli, secondo il quale «non si può accusare di eversione un pubblico ministero che sta facendo il suo dovere», risponde: «Nessuno accusa di eversione un pubblico ministero che fa il suo lavoro. Si accusa di eversione, perché è eversivo, un pubblico ministero che utilizza la giustizia a fini di lotta politica, che cioè utilizza i suoi poteri per andare contro le indicazioni del corpo elettorale».
Respinge invece ogni tipo di critica D’Ambrosio. «Le motivazioni della Corte di Cassazione - afferma - riguardano i giudici della Corte d’appello. Può darsi che la Cassazione abbia ritenuto che quella sentenza non sia sufficientemente motivata. Per quanto riguarda il mio ufficio posso dire che abbiamo sempre fatto il nostro dovere nel fornire al tribunale le prove della consapevolezza degli imputati».
Poi entra nel merito e per quel che riguarda la mancanza di prove nei singoli illeciti contestati a Craxi dichiara: «Dell’ufficio in piazza Duomo sapevano tutti. Mi sembra fosse notorio... Comunque adesso leggeremo meglio queste motivazioni». Pool sotto accusa?
«Siamo sotto accusa in uno stato come quello italiano - ribatte D’Ambrosio - dove tutte le istituzioni sono sempre sotto accusa. Il problema è che tutto ciò che è fisiologico in Italia diventa un’esasperazione. Se c’è stato un errore si corregga senza drammatizzare.
Se si vuole evitare la conflittualità tra politici e magistratura due sono le soluzioni: o si introduce l’ammortizzatore dell’autorizzazione a procedere, oppure le giurie popolari come in tutti i paesi di diritto anglosassone».
E da Hammamet fa sentire la propria voce anche il diretto interessato, Bettino Craxi. Lo fa per chiedere ancora una volta l’istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare sulla corruzione politica mentre definisce «un’enormità» il rifiuto venuto finora dalla maggioranza. Per lui le ragioni di questo ”no” sono evidenti: «Gran parte dei capi di tanti degli attuali partiti - accusa - conoscevano perfettamente il fenomeno, vi partecipavano, rispetto ad esso portavano le loro responsabilità. Tra di loro i responsabili del partito maggiore dell’opposizione di allora che, come tutti sanno, si avvaleva di finanziamenti illegali di natura interna e di natura
internazionale».
Non sembrano invece pienamente d’accordo sull’interpretazione i difensori di Craxi. «Non è vero - dichiara l’avvocato Carlo Taormina ? che la sentenza della Corte abbia lasciato in sospeso la soluzione giuridica del caso, perché è stato riaffermato l’ovvio principio che
per concorrere in un reato bisogna essere pienamente consapevoli di tutti i comportamenti che vengono realizzati per la sua consumazione. Un principio che i giudici di merito, contrariamente a quanto sostiene D’Ambrosio, sono obbligati ad applicare. Si tratta di un principio sistematicamente violato dal Pool di Milano anche con l’avallo della stessa Cassazione, che dunque oggi torna alle origini rivendicando il ruolo di garante delle legalità». «Mi sembra opportuno chiarire che la VI Sezione della Cassazione - afferma invece l’avvocato Enzo Lo Giudice - non censura affatto, né avrebbe potuto farlo, la posizione del Pool. Nel nostro sistema processuale l’accusa propone ed il giudice decide. La Cassazione censura e pesantemente i giudici del tribunale e della Corte di Appello di Milano».