Soluzione al di sopra delle parti

da La Repubblica del 20.7.98

di ANDREA MANZELLA
Non sappiamo ancora se la proposta di questa authority su Tangentopoli avrà il necessario consenso politico.
Probabilmente no, viste le prime reazioni del Polo. La proposta merita però il consenso pubblico, perché incrocia quattro tipi di interesse generale, diffusi tra gli italiani: e a questi interessi cerca di rispondere.
Il primo interesse, come confermano perfino i sondaggi, è quello all’indipendenza della magistratura. Questa deve essere difesa contro una torbida tendenza assemblearistica che vorrebbe trasformare un’inchiesta parlamentare in uno strumento di vendetta e di restaurazione. Ma deve anche essere difesa contro il sospetto, su di essa seminato a piene mani e già radicatosi in tanta parte di opinione, di nutrire un pensiero unico persecutorio, sia nelle istruttorie sia nei giudizi.  Ecco perché risulta d’interesse generale questa proposta di affidare a un collegio autorevole, al di sopra di ogni possibile parte in gioco, una serena valutazione dell’operato complessivo dei giudici in questi anni, un’ analisi dei processi e delle loro direzioni, una geografia politica dell’azione penale in materia di illeciti finanziamenti a scopi di corruzione. I fatti infine parleranno, nudi e crudi. E su quei fatti si dovrà innestare l’azione riformatrice del Parlamento e il giudizio finale degli elettori.
Vi è un secondo tipo di interesse pubblico che la proposta fa proprio. Ed è quello di separare la questione del rapporto dei giudici con la politica - affidandola a una rigorosa sede di equilibrio - dalla questione della giustizia come servizio. 
SIAMO in coda alle classifiche mondiali dei paesi industrializzati, non certo perché c’è stato “Mani pulite” (divenuto, malgrado i dubbi dei controinteressati, marchio internazionale di una nuova Italia nella lotta contro la corruttela e il malaffare politico). Ma per i tempi dei nostri
processi, le garanzie degli imputati detenuti, il tasso di operosità e la selezione in carriera dei nostri giudici, la distribuzione delle nostre sedi giudiziarie, le risorse per la giustizia.
La certezza giudiziaria del diritto è un bene di orientamento per le imprese e per gli investimenti esteri diretti. Se i corrispondenti della stampa internazionale si fanno un sacco di risate quando un condannato contesta con argomentazioni politiche i suoi giudici, diventano invece terribilmente seri e concordi quando raccontano sui loro giornali le condizioni della giustizia in questo paese.
Se la proposta di Napoli servirà ad accendere tutti i riflettori su questa che è la vera questione giudiziaria, vitale per gli italiani e per la loro economia, attraendo su di essa l’attenzione di un Parlamento distratto da altro, sarà una autentica fortuna popolare.
Il terzo grande interesse intercettato dalla proposta è quello di riattivare il filo del consenso nazionale sulle riforme che, al di là della Bicamerale, doveva essere il vero bene pubblico acquisito in questa legislatura.
Stabilire una zona neutra di decantazione sulla questione più ambigua e più personalizzata, significa anche la possibilità di riaprire il dialogo riformista con l’opposizione, su tutto il resto (federalismo, governo “in” Parlamento, pubblica amministrazione, legge elettorale). Un dialogo necessario per uno Stato membro di una Unione che registra, sempre più apertamente, una forte competizione d’efficienza tra i meccanismi politici nazionali in essa incorporati.
Vi è, infine, un altro, e forse più alto, interesse generale.  Chiamando un collegio di saggi a dare un giudizio storico-politico su una questione che ha segnato il nostro tempo, la proposta conferma che, nella sua intima sostanza, la transizione italiana è, di fatto, finita. Essa, cioè, va incontro a quell’ interesse di stabilità, di rasserenamento, di vita nova che il paese profondo ha colto il 3 maggio scorso, identificando nella creazione della sovranazionalità monetaria europea la fine di un turbinoso periodo della sua storia. E il cominciamento di una fase diversa, animata dal confronto “interno” con gli altri europei.
Quattro buone ragioni sono più che sufficienti per fare accogliere una proposta, la cui veste tecnica non sarà un problema. Ma possono essere anche insufficienti se prevalesse l’intreccio perverso tra fatti personali, fatti politici, fatti giudiziari. Averla avanzata servirà però a chiarire, forse definitivamente, il confine tra chi lavora nella linea della Costituzione e chi, invece, si affanna - sia pure invano - per cancellarla.