«Commissione di saggi per Tangentopoli» 

da Il Corriere della sera del 20.7.98

Felice Saulino, 
NAPOLI - «Se sospendessimo le decisioni» sulla commissione per Tangentopoli e «chiedessimo che i presidenti delle Camere chiamassero cinque personalità fuori della mischia per stendere una relazione sulla vicenda di Tangentopoli...».
Massimo D’Alema sale sul palcoscenico del teatro di corte di Palazzo Reale e tira fuori dal cilindro il coniglio della Royal Commission: «Cinque saggi» per stabilire la verità storica su Tangentopoli. Ma il passaggio chiave è in quel «se sospendessimo le decisioni». Chiede di sospendere le decisioni, D’Alema, per disinnescare la bomba a orologeria della commissione. Per arrivare indenne alla fine del mese, alla chiusura estiva del Parlamento. Per evitare di restare da solo ad arrostire sulla graticola di un’inchiesta parlamentare prima negata, poi accettata con i «paletti», poi declassata a indagine conoscitiva. 
Prende tempo, il leader della Quercia. Prende tempo anche per regolare i conti interni con la marea montante degli ulivisti. Ha bisogno di arrivare indenne all’autunno. Per organizzare i suoi. Poi - come ha scritto ieri l’Unità - potrebbe essere lui a chiedere al partito di scegliere: adesso dovete scegliere tra me e l’asse Veltroni-Bassolino. Prende tempo, il segretario, e dedica appena cinque minuti alla Costituente dell’Ulivo proposta il giorno prima dal sindaco di Napoli e immediatamente enfatizzata dal vicepresidente del Consiglio. Sale sul palco e se la prende di nuovo con i giornali: perché hanno scritto («inventando») che Bassolino gli aveva dato uno «schiaffo». Invece anche lui è convinto che ci «vuole più Ulivo». Naturalmente, alla Costituente non dedica una parola. Dice, però, che è «irrealistico» pensare a un partito dell’Ulivo. Visto che c’è, aggiunge che è stato proprio lui a volere il coordinamento dell’Ulivo e di «aspettare» ancora alcune convocazioni (stilettata a Prodi). Un esempio? Quando s’è posto il problema della commissione parlamentare su Tangentopoli, «dato che nessuno convocava l’Ulivo, abbiamo voluto incontrare tutti i leader della maggioranza e abbiamo avanzato delle proposte che non erano proposte estemporanee del segretario dei Ds che è sempre accusato di
fare da solo». Conclusione amara: «Poi sono rimasto stupito, perché dopo aver discusso e concordato la linea, vista la mala parata, sono rimasto solo». 
Il tema della solitudine torna ossessivo, nel discorso. Anche se poi D’Alema rifiuta certe «solidarietà» che «possono suonare come una commemorazione». Se la prende anche con chi, a sinistra, ha solidarizzato solo con i magistrati, quando Berlusconi accusava anche il Pci-Pds per quello che chiamava il «golpe giudiziario» nei suoi confronti. «Capisco che è più trendy solidarizzare con la magistratura». Ed eccoci al capitolo giustizia. Qui D’Alema si muove sulla linea d’un moderato garantismo. Non replica al Guardasigilli Flick che lo ha preceduto ricordando quello che il governo ha fatto in materia: «Non siamo all’anno zero...». E ha proposto una Maastricht della giustizia. Dice subito «no» al «colpo di spugna» sulla corruzione e a proposito della depenalizzazione del finanziamento illecito ai partiti: «Preferisco un sistema
sanzionatorio al carcere». «I democratici di sinistra - sostiene - non hanno nulla da nascondere». La prova? che il Pci-Pds è stato sottoposto numerose volte ad inchieste, anche con un metodo che Berlusconi chiama di «accanimento giudiziario». «Ma noi - aggiunge - abbiamo aperto i nostri cassetti, abbiamo reso pubblici i documenti che ci chiedevano i
magistrati. Non abbiamo mai protestato». Perfino il giudice Nordio ci ha «ringraziato». 
Fin qui la difesa dell’azione della magistratura, della sua autonomia e del principio di legalità. Aggiunge però D’Alema: il partito sulla giustizia non si può «arruolare, mettendosi l’elmetto in testa, in uno schieramento o nell’altro». E «i giudici devono essere garantiti dalle leggi non dall’amicizia di questo o quel giornale». E ancora: non accettiamo il «falso garantismo di chi vuole l’impunità dei potenti ma è forcaiolo verso la povera gente». Applauso della platea. E' il momento di Berlusconi: «L’ultimo erede di un filone di arroganza». E la destra «prigioniera» degli interessi «personali» del Cavaliere. Applauso caloroso. E Fini? «Dice di essere d’accordo sulla battaglia per la legalità, ma quando dice che vuole cominciare dalla difesa di Berlusconi, allora la battaglia è già finita». Tocca ancora a Berlusconi: «Se guardasse con maggiore distacco a certe vicende potrebbe dare un grande contributo e la Bicamerale avrebbe potuto cambiare pagina alla nostra storia politica. Ma noi non possiamo rimanere prigionieri di questa situazione». Il dialogo con l’opposizione «non può essere interrotto». 
Ed eccoci alle reazioni. Antonio Bassolino fa finta di niente e insiste: «Andare alla Costituente è la strada giusta per superare il limite dell’Ulivo come semplice coalizione elettorale». Un partito? «No - dice Bassolino -, per ora un soggetto politico». Mentre Fabio Mussi sostiene - a sorpresa - che «D’Alema è aperto alla Costituente dell’Ulivo».