Dieci leggi per cambiare il sistema 

da Il Sole 24 ore del 20.7.98

La riforma strutturale della Giustizia procede al rallentatore. Dopo aver varato il giudice unico (la cui entrata in vigore è, però, slittata a giugno ’99) e l’istituzione delle sezioni stralcio per smaltire l’arretrato civile (ma si fanno i conti con l’esiguità dei candidati idonei), il Parlamento arranca intorno alle altre riforme. Eppure, la questione giustizia è, come ha sottolineato il presidente del Consiglio Romano Prodi nel discorso di venerdì al Senato, «senza ombre di dubbio, un gravissimo problema nazionale».
Molte riforme in attesa sono indispensabili per dare coerenza al progetto del Guardasigilli Giovanni Maria Flick, concepito come un sistema di incastri che dovrebbe disegnare la Giustizia del Duemila. Così, se le sezioni stralcio sono complementari al giudice unico, perché sgravano la nuova figura dei vecchi procedimenti, altrettanto lo è la depenalizzazione dei reati minori o l’estensione della competenza penale al giudice di pace o ancora la modificazione del rito davanti al giudice monocratico. Invece questi provvedimenti non trovano la via d’uscita. Ma altrettanto si può dire per l’istituzione dei tribunali metropolitani, per la valutazione dei magistrati, per l’utilizzo dei pentiti, per le regole elettorali del Csm, per il decentramento del ministero della Giustizia. Per limitarsi alle proposte di riforma più impellenti.
Oltre alle secche parlamentari, dove la discussione sui temi di giustizia è appesantita dalle polemiche e dalle profonde spaccature che corrono tra maggioranza e opposizione, i ritardi sono aggravati dal fallimento della Bicamerale. Caduto il progetto di far confluire nelle riforme costituzionali parte dei nodi del sistema giustizia, ora tocca al Parlamento riassorbirli.  È il caso del disegno di legge sulla valutazione dei magistrati, che l’aula del Senato ha rispedito alla commissione Giustizia perché si ritorni al’impianto originario, che prevedeva anche l’esame della disciplina delle funzioni delle toghe, all’epoca stralciata per la Bicamerale.  In pole position potrebbero esserci la modifica dell’articolo 678 del codice di procedura penale in materia di libertà anticipata e la depenalizzazione dei reati minori. I due testi, infatti, sono già stati approvati da un ramo del Parlamento e stanno per essere esaminati dall’assemblea dell’altro ramo.  Il disegno di legge sui criteri di assegnazione dei procedimenti in cui i magistrati figurano come imputati, insegna, però, che possono essere necessari più navette parlamentari. Quella proposta di riforma, infatti, è ritornata alla Camera per la terza volta.
Nel caso della depenalizzazione dei reati minori, il travaglio parlamentare, con probabili contrasti anche in seno alla maggioranza, è quasi assicurato. Terreno di scontro sarà il finanziamento illecito dei partiti, che al momento rimane un reato, mentre Forza Italia e i Popolari sono favorevoli alla depenalizzazione. E non è improbabile che si cerchi la strada per ridurre a illecito amministrativo anche il falso in bilancio.  Per le altre riforme il traguardo è ancora più lontano. Il disegno di legge sulle competenze penali del giudice di pace, dopo aver ricevuto il sì della Camera, aspetta di essere esaminato dalla commissione Giustizia di Palazzo Madama. Per la revisione dei circondari dei maxi-tribunali la situazione è ancora più statica, dato che non è mai stato esaminato.  Sull’altro lato — oltre alle due grandi riforme del giudice unico e delle sezioni stralcio — si trovano i provvedimenti arrivati in porto, pur sempre complementari al complessivo progetto di riordino della Giustizia: i processi per videoconferenza, gli incentivi ai magistrati impiegati in sedi a rischio e il recente provvedimento relativo alla nomina di professori universitari e avvocati a consiglieri di Cassazione. Ma non bastano a invertire il segno di un bilancio pesantemente negativo.
a cura di Antonello Cherchi
e Valentina Consiglio