«Va ripresa l’iniziativa sulla giustizia» 

da Il Messaggero del 20.7.98

di MARIO STANGANELLI
ROMA - Luigi Manconi, portavoce dei Verdi, è uno dei critici d’antan del ”dipietrismo” politico. Ma con l’ex pm convive sotto lo stesso ombrello dell’Ulivo. Gli chiediamo se il rilancio dell’Ulivo, che sembra partire dal convegno ds di Napoli, non offra il fianco ad una
progressiva dipietrizzazione della coalizione.
«Il rischio c’è. Ed è tanto più forte quanto più l’Ulivo si propone come club dei segretari dei partiti che lo compongono».
Sarebbe a dire?
«Quanto più l’Ulivo appare un’intesa tra partiti, chiuso quindi a movimenti e soggetti della società che nei partiti non si riconoscono, tanto più la suggestione antipartitica sollecitata da Di Pietro risulta fertile e produttiva. Se l’Ulivo corrisponde alla caricatura che ne fanno i suoi avversari interni ed esterni, populismo antipartitico e umori demagogici attecchiscono più facilmente. Insomma, il pericolo è che, per reazione ad un Ulivo ridotto a club dei partiti, si esalti un Ulivo come espressione, questa sì caricaturale, ”della gente” e quindi delle sue pulsioni e rancori profondi. Si andrebbe a una contrapposizione grottesca tra un Ulivo solo partitico e una ”gente” solo virtuale che si esprime attraverso i fax».
Oggi si assiste a un’eclissi dei mediatori tra i due poli. E’ d’accordo con questa radicalizzazione...
«Dico che per una volta mi sono trovato d’accordo col tentativo, in certa misura disperato, di D’Alema di trovare una qualche forma di comunicazione con un Polo che, appunto, rappresenta 16 milioni di italiani. Questo tentativo andava fatto probabilmente con minore
approssimazione e persino ingenuità. Ma quando ci si è resi conto che di questa approssimazione e di questa ingenuità l’avversario faceva occasione di rivalsa è stato giusto sottrarsi. Tuttavia il problema resta inalterato».
Al di là dell’atteggiamento del Polo, non trova nessuna responsabilità nell’Ulivo?
«C’è stato dilettantismo, sprovvedutezza e soprattutto ciò che in politica si paga sempre più dolorosamente: un atteggiamento ondivago».
Come vede la proposta di D’Alema per un comitato di saggi al posto della commissione su Tangentopoli?
«Quella del comitato è una proposta interessante ma debole. Mi sembrerebbe più adeguata una commissione con i limiti già indicati: di indagine e non d’inchiesta».
L’Ulivo sembra dibattersi in più di una incertezza. Quale connotato politico vorrebbe che assumesse?
«Quello della coalizione delle grandi riforme sociali. Quindi, non solo ambiente, lavoro e Mezzogiorno, ma anche la giustizia. Da troppo tempo, su questo terreno, il centrosinistra è sulla difensiva, costretto sempre e solo a rispondere alle iniziative dell’avversario, incapace di un’iniziativa propria».
E’ una critica a Flick?
«Anche».
Che fare allora?
«Per quanto mi riguarda, io mi faccio promotore di un incontro dei partiti dell’Ulivo per un programma di iniziative sul piano parlamentare in materia di giustizia».
E per la salute dell’Ulivo?
«Un rilancio vero dell’Ulivo non passerà certo per la velleitaria e antistorica creazione del partito unico del centrosinistra, ipotesi alla quale siamo contrarissimi. Si tratterà, invece, di valorizzare l’Ulivo come punto d’incontro di una molteplicità di soggetti, dal cosiddetto movimento dei sindaci a tutte quelle realtà che si riconoscono nel centrosinistra senza aderire ad alcun partito».