La
commissione Finanze della Camera boccia la depenalizzazione
da Il Sole 24 ore del 20.5.99
ROMA — Un’altra bocciatura si abbatte sulla delega per la riforma dei
reati tributari. Ieri la commissione Finanze di Montecitorio (dopo la Affari
costituzionali) ha espresso un parere positivo ma con molte osservazioni,
e di non poco conto, su quella parte del disegno di legge di depenalizzazione
dei reati minori che riguarda la revisione della cosiddetta "manette agli
evasori" (legge 516/82). Nel mirino sono finiti sia il fatto che non siano
punite con sanzione penale le violazioni degli obblighi contabili che la
formulazione, «tecnicamente non corretta», relativa alla soglia
di punibilità al di sotto della quale non scatta il reato ma la
sanzione amministrativa. Il parere afferma che è opportuno modificare
il testo perché «il riferimento alla "entità dell’evasione"
nonché "ai componenti reddituali o al volume di affari evasi"»
rischia di riproporre i problemi determinati dalla pregiudiziale tributaria
superata con la legge dell’82.
In sostanza (come segnalato dal Sole-24 Ore del 14 maggio) se si parla
di imposta evasa il giudice penale deve aspettare che tale imposta venga
quantificata dall’amministrazione finanziaria. Ciò significa bloccare
per anni i processi penali come avveniva prima dell’82. Meglio, ha osservato
la commissione, fare riferimento «ai componenti reddituali e ai volumi
di affari non dichiarati».
Non solo. In parte le nuove bacchettate ricalcano quelle della commissione
Affari costituzionali che ha giudicato la delega ampia e indeterminata.
Infatti il parere votato ieri critica l’espressione «aspetti comunque
connessi» utilizzata dall’articolo 6 per delegare il Governo a rivedere
la materia fiscale: potrebbe «determinare qualche incertezza in ordine
all’oggetto della delega».
Ma c’è un altro aspetto che preoccupa la commissione: la violazione
degli obblighi contabili. L’articolo 9 del Ddl elenca le ipotesi di evasione
da non depenalizzare però non fa parola della violazione degli obblighi
contabili. La conseguenza sarebbe che alcune categorie di contribuenti
(professionisti, commercianti, artigiani) potrebbero non annotare i guadagni
senza andare incontro a sanzioni penali. Secondo la commissione Finanze,
inoltre, andrebbero meglio distinte le dichiarazioni fraudolente dalle
dichiarazioni infedeli. E quanto alla soglia di punibilità che viene
agganciata al volume d’affari, i deputati osservano che andrebbe fissato
un tetto tale «da non tradursi nell’ammissione di un limite di evasione
tollerata che, di fatto, avvantaggerebbe i grandi evasori, caratterizzati
da volumi di affari e redditi particolarmente elevati».
Ai pesanti rilievi dovrà rispondere l’Aula della Camera che
da lunedì ha all’esame il provvedimento in terza lettura. Ma la
fretta di arrivare al sì finale — la depenalizzazione è uno
dei Ddl necessari al giudice unico — potrebbe giocare a sfavore della delega
sui reati tributari. Non è insomma escluso che l’articolo 9 venga
lasciato com’è. Così, dopo una discussione durata quasi dieci
anni, la riforma della «516» rischierebbe di partire davvero
con il piede sbagliato.
R.Mi.
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