Il pacchetto contro la microcriminalità suscita critiche anche tra i magistrati 

da Il Corriere della sera del 20.3.99 

Dino Martirano, 
ROMA - Il governo che mobilita l'esercito con funzione di ordine pubblico senza passare per un voto parlamentare non piace innanzitutto a Silvio Berlusconi: «Se lo avessi fatto io avrebbero gridato al golpe. L'opposizione contrasterà questa decisione assurda». 
Ma, a poche ore dal varo del disegno di legge anticriminalità, contro l'intero pacchetto-sicurezza» si schierano anche Rifondazione comunista, i verdi, una parte dei comunisti italiani e una minoranza dei diessini. 
Senza contare le critiche severe delle associazioni dei magistrati e degli avvocati. 
Annuncia Luigi Saraceni, responsabile Giustizia del «Sole che ride»: «Questo provvedimento non passerà. I verdi non lo approveranno mai, siamo disposti alla crisi di governo su questo». 
Va giù dura anche Ersilia Salvato, vicepresidente del Senato passata nei Ds: «È un bene se la 
maggioranza si sfalda sotto il peso di circostanziate critiche». 
E se questo sarà lo scenario, il giro di vite contro la microcriminalità ha già davanti a sé molte 
barricate. 
A difenderlo, oltre i Ds, c'è il Ppi: «Quelle del governo non sono affatto scelte liberticide», mette lemani avanti il popolare Pietro Carotti. 
E Walter Veltroni dice che quella di Palazzo Chigi è «la scelta giusta per rispondere alla domanda di sicurezza». Ma poi aggiunge: «In Parlamento vedremo se ci sarà qualche integrazione o correzione da fare». 
Mentre ad altri dirigenti di Botteghe Oscure spetta il compito di arginare la valanga di critiche: «Sono proposte serie, la reazione della destra è rabbiosa» (Pietro Folena); «Le stupidaggini della destra...sono ideologismi vecchia maniera» (Antonio Soda). 
Ma tra i ds si fanno sentire anche voci controcorrente: «I dubbi non sono così isolati e vanno presi in  seria considerazione» (Gloria Buffo); «Il governo non deve rincorrere la destra sul terreno pericoloso  del pugno di ferro» (Giorgio Mele). 
Sul fronte degli addetti ai lavori, poi, il primo a dirsi perplesso è il neoprocuratore generale di Milano  Saverio Borrelli: «Spero che in Parlamento la materia venga ridiscussa». 
Seguono le critice di molti pubblici ministeri (da Giovanni Salvi ad Antonino Ingroia) e una mezza  stroncatura dell'Associazione nazionale magistrati che con il suo presidente, Antonio Martone, parla  di «luci e ombre». 
Il capo della Polizia, Fernando Masone, è convinto che nel «pacchetto» ci sia «qualcosa in più», ma Giovanni Aliquò (associazione funzionari di polizia) mette il dito nella piaga: «Aggravare le pene e non dare alle forze di polizia gli strumenti per individuare gli autori dei reati e per garantire l'effettività della pena è solo un ottimo esercizio di stile. Utile, forse, a fini propagandistici». 
Se dunque la maggioranza «si sfalda», il senatore Antonio Di Pietro intende dare un suo giudizio solo quando il «pacchetto sarà operativo» senza sbilanciarsi in anticipo sul voto. 
Ma l'opposizione annuncia venti di guerra anche con Alfredo Mantovano (responsabile giustizia di Alleanza nazionale) che smonta pezzo dopo pezzo il disegno di legge: «È un mix tra la truffa e l'abuso della credulità popolare perché non viene introdotta alcuna novità». 
E l'ex Guardasigilli Giovanni Maria Flick pone un quesito tecnico alla maggioranza: «Non posso non domandarmi come si possa conciliare l'abolizione dell'ergastolo con la previsione di 10 anni di reclusione per uno scippo».