Diliberto:
non sono norme liberticide
da Il Corriere della sera del 20.3.99
MILANO - «Ciao ministro», «Sì, sì, ciao
Guido». A palazzo Marino, nell'anticamera della sala del convegno
sulle «Nuove mafie», quasi si urtano il «compagno dissidente»
senatore Guido Calvi e il «compagno» Guardasigilli Oliviero
Diliberto. E la mimica dei gesti, con quelle mani che non sanno se stringersi
o incrociarsi, fotografa la frattura aperta a sinistra dal «pacchetto
giustizia». In mattinata, moderati da Sergio Zavoli, il direttore
del Corriere Ferruccio de Bortoli, del Tg1 Giulio Borrelli, del Tg5 Enrico
Mentana, della Stampa Marcello Sorgi e il vicedirettore di Repubblica Paolo
Garimberti hanno intrecciato il filo della discussione su «mafia
e informazione».
Ma le obiezioni mosse da Calvi sul Corriere sono anche diventate tema
politico del giorno, bandiera della sinistra diessina, dei Verdi. Diliberto
lo sa e non gradisce affatto. Di quel «pacchetto» preferirebbe
proprio non parlare e infatti, di fronte alla platea del convegno, glissa.
Così, alle 13.30, cerca di guadagnare l'uscita. «Ho un aereo»,
butta lì. Una voce dal suo entourage gli sussurra: «Meglio
dare qualche risposta, altrimenti ci fanno a pezzi». E Diliberto
si convince, replicando ad una manciata di domande nell'aula del consiglio
comunale affollata dai cronisti.
Il centro-destra ha definito il «pacchetto» del governo
specchio della schizofrenia della sinistra.
«Non mi sembra proprio. Ci accusano di inerzia. E questo disegno
di legge prova il contrario».
Comunque alla sua sinistra non sembrano gradire. La accusano di provvedimenti
«liberticidi».
«Sono francamente giudizi eccessivi e infondati, che scomodano
la storia di altri paesi. Stiamo
governando e abbiamo il dovere di dare risposte sul tema della sicurezza
in un quadro di garanzie. La sicurezza dei cittadini è e deve essere
un tema della sinistra, non lo si può lasciare alle destre».
Il senatore diessino Calvi, e non solo lui, ha definito «illusorio»
e «arretrato» un provvedimento che combatte la microcriminalità
innalzando le pene, senza essere in grado di assicurarne l'effettività.
«Il senatore Calvi fa parte di una forza di maggioranza che aveva
proposto un pacchetto di misure di gran lunga più repressive che
prevedevano, tra l'altro, l'esecutività della condanna dopo una
sentenza di appello conforme a quella di primo grado. Non è vero
che non ci siamo preoccupati dell'effettività della pena, perché
il nostro schema prevede 15 giorni di custodia cautelare cui seguirà
processo per direttissima e sentenza. E poi io vorrei chiedere a questo
pezzo di sinistra che sa solo criticare il governo: dov'era quando nei
giorni della manifestazione del Polo a Milano a difendere i valori del
garantismo eravamo solo io e la Jervolino? Dove era quando sono andato
a difendere la proposta di abolizione dell'ergastolo a Porta a porta, quando
dire certe cose non era facile? Non ci si può svegliare quando il
governo chiede misure».
Ammetterà che esiste una contraddizione tra il suo impegno a
«svuotare le carceri» e misure
concepite per riempirle.
«Non ho alcun dubbio che le carceri debbano essere svuotate.
E continuerò a battermi per le misure alternative alla detenzione».
Si è obiettato circa l'opportunità di sottrarre al Parlamento,
affidandolo al solo governo, il
potere di utilizzare l'esercito in funzione di contrasto alla criminalità».
«Abbiamo semplicemente recepito una proposta di Procuratori della
Repubblica, come quello di Palermo, impegnati in prima linea. Non suggerimenti
di pericolosi eversori di destra».
Se il disegno di legge non dovesse superare l'esame del Parlamento
ne trarrà le conseguenze?
«Ogni giorno ha la sua pena. Il Parlamento farà la sua
parte. Vedremo».
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