Pieni poteri

da Il Manifesto del 20.3.99

GIUSEPPE DI LELLO 
Bando alle ingenuità da allodole. Non lasciamoci attirare dallo specchietto dello scippo trasformato (et voilà) in rapina: la sostanza del pacchetto governativo anticrimine sta tutta nelle due tremende mazzate vibrate alle gambe del nostro sistema delle garanzie democratiche. L'enorme potere dato alla polizia giudiziaria (sempre più polizia e sempre meno giudiziaria) di indagare per tre mesi senza dover riferire al pubblico ministero costituisce una ulteriore sconfessione del codice di procedura penale del 1989, un codice garantista che la sinistra nel suo insieme ha fortemente voluto e ora, arrivata al governo nella sua componente lib-lab, mostra di non gradire più. A questo punto c'è da chiedersi a che pro mantenere ancora in piedi un codice che recupera le storture del rito inquisitorio e le somma alle necessarie lungaggini dibattimentali del rito accusatorio, schiacciando le persone tra illegalità e inefficienza. Più potere alla polizia giudiziaria senza il controllo del pm vuol dire più potere all'esecutivo e non credo che il ministro guardasigilli non se ne sia reso conto. 
Ovviamente è un paradosso, mentre noi vorremmo che lo spirito di quel codice si affermasse sempre di più, inserendolo in un sistema giudiziario più efficiente. 
Anche l'utilizzazione dell'esercito per compiti tipicamente di polizia, e per di più lasciata alla sola discrezionalità governativa, si inscrive al rafforzamento dei poteri dell'esecutivo. Questa misura, inoltre, va nel senso della progressiva militarizzazione del territorio e, cioè, nella direzione opposta a quella auspicata da sempre da tutta la sinistra. Anni di sacrosanta repressione giudiziaria e poliziesca antimafia ci hanno lasciato gruppi criminali pressocché integri e in grado di controllare ancora il loro (e il nostro) territorio: non sarebbe ora di scegliere l'opzione della socializzazione del territorio? 
Sono provvedimenti che non intaccano la forza della grande criminalità, la grande stortura strutturale della nostra società che, infatti, riesce a mantenere in carcere una popolazione fatta per il 50 per cento da extracomunitari e per il 30 per cento da persone con problemi di tossicodipendenza. 
Si avverte in questi provvedimenti l'egemonia culturale della destra che non viene offuscata dall'opposizione tutta strumentale preannunciata dalle forze del Polo: incassato il successo, queste giocano al rilancio e costringono D'Alema e Diliberto ad inseguirle sul loro terreno. 
Il guardasigilli alza lo scudo del suo passato garantista, quasi che questo possa legittimarlo per ogni operazione di destra e ripararlo dalle critiche dei garantisti. 
Il garantismo è pratica quotidiana e non titolo onorifico acquisito una volta per sempre. Per un democratico i problemi, anche quelli connessi al garantismo, sono sempre gli stessi, né cambiano a seconda che li si guardi dall'opposizione o dalla poltrona di via Arenula.