Risultati
di gestione in linea con le previsioni attuariali
da Il Sole 24 ore del 20.3.99
L’articolo di Elsa Fornero, pubblicato sul Sole-24 Ore del 6 marzo,
dimostra quanto gli osservatori esterni non siano correttamente informati
sulla normativa e sull’andamento della gestione delle Casse privatizzate
dei professionisti e, in particolare, sulla fondazione privata degli Avvocati.
Nello specifico, devo contestare l’affermazione che i risultati positivi
delle gestioni previdenziali private dipendano dall’incremento degli iscritti
e non già dai buoni rendimenti degli investimenti (che negli ultimi
due anni, per la Cassa forense, hanno superato il 12% per le obbligazioni
e più del 50% per le azioni). Si consideri che le entrate contributive,
cui corrispondono le uscite per prestazioni, rappresentano solo la metà
dell’ammontare complessivo delle entrate. Altro che sistema a ripartizione!
Con l’incremento del patrimonio la Cassa forense — obbligata a un fondo
di garanzia di cinque annualità — si avvia in tempi brevi a raggiungere
le nove annualità, superando tutti i pronostici attuariali, anche
i più ottimistici. C’è sul punto una profonda differenza
fra una gestione affidata allo Stato e una affidata ai professionisti che
autogestiscono la propria previdenza, senza perversi obiettivi politici
o di tornaconto personale che hanno afflitto e affliggono la gestione del
denaro pubblico. È questo un dato che non si può confutare
e che, in sé, respinge tutte le preoccupazioni (o le affermazioni
azzardate) formulate dall’autrice dell’articolo.
Ma vi è di più: la Cassa forense — che ha più
di 18mila pensionati — eroga un numero limitatissimo di pensioni di anzianità
(294) e di invalidità (539), che corrispondono a meno del 4% delle
pensioni erogate. Viceversa l’Inps eroga, per pensioni di anzianità
e di invalidità, circa il 45% del gettito annuale.
Inoltre, è da osservare che la contribuzione degli avvocati
è rapportata al 10% del reddito (e ciò dal 1982) con un contributo
di solidarietà del 3% (non restituibile) oltre il tetto pensionabile,
mentre le pensioni corrisposte sono attestate su un coefficiente massimo
dell’1,75% (che va a decrementarsi per i redditi crescenti) che si moltiplica
per gli anni di contribuzione sulla base dei migliori dieci redditi degli
ultimi 15 anni. L’unico correttivo da apportare è quello di incrementare
il periodo di riferimento dei redditi per il calcolo delle pensioni (da
10 a 20 sul periodo di 25 anni) per evitare speculazioni, anche se è
accertato che quasi il 50% degli avvocati denuncia, negli ultimi dieci
anni, redditi non crescenti e per una buona percentuale in diminuzione.
In conclusione, nonostante il pessimismo ingiustificato di alcuni,
gli amministratori della Cassa forense sono ben consapevoli che si possono
confermare le verifiche attuariali, che preannunciano buoni risultati nell’arco
almeno dei prossimi vent’anni, continuando nella oculata gestione contributiva
e finanziaria.
Certo è che la presenza di Enti privati che gestiscono bene
la previdenza si presenta come un’eccezione, un’oasi che dà fastidio
a qualcuno e stimola appetiti da parte dello Stato. Siamo, pertanto, più
che vigili e pronti a contrastare qualsiasi disegno di espropriazione del
patrimonio privato previdenziale dei professionisti.
*Maurizio de Tilla presidente della Cassa di previdenza forense
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