Borrelli boccia le misure "Inutili le pene più dure" 

da La Repubblica del 20.3.99

di LUCA FAZZO 
MILANO - Il passaggio di grado evidentemente non ha tolto a Francesco Saverio Borrelli l'abitudine alla schiettezza. E così dal nuovo procuratore generale di Milano arriva un giudizio che si abbatte sul "pacchetto sicurezza" varato dal governo D'Alema senza mezzi termini: "Spero che davanti al Parlamento la materia venga ridiscussa", dice Borrelli. E aggiunge: "Inasprire le pene non era necessario, sarebbe stato meglio ridefinire gli equilibri tra le aggravanti e le attenuanti generiche che vengono valutate dai tribunali. La mia opinione si allinea con quella di Vittorio Borraccetti": Borraccetti, va ricordato, è il segretario di Magistratura Democratica che ha liquidato il disegno di legge come "norme che non hanno alcuna efficacia pratica ma servono solo per tranquillizzare la gente".
Alcune parole del capo della polizia Ferdinando Masone fanno poi supporre che il dipartimento della pubblica sicurezza non abbia partecipato alla stesura del provvedimento governativo. "Ancora non ho studiato con il vice capo della polizia Monaco e con gli altri addetti ai lavori in maniera più concreta i vari risvolti, quello che potrà essere realizzato", ha detto Masone. "Certamente c'è qualcosa in più".
Più critico di Borrelli è Gherardo Colombo, suo sostituto fino all'altro ieri: "Inasprire le pene senza preoccuparsi della loro applicazione, non risolve il problema", dice il pm del pool Mani pulite. Che poi attacca in particolare le norme del "pacchetto", che aumentano le pene per lo scippo e concedono alla polizia tre mesi di tempo per indagare senza avvisare la magistratura. "È necessario che si conservino le proporzioni - dice Colombo - se lo scippo è punito come la rapina, allora tanto vale, per chi vuole commettere un reato del genere, fare quello più grave. Quanto alle indagini della polizia, non è che capisca molto il senso della nuova normativa che è in contrasto con le linee di impostazione del codice di procedura penale, che impone di informare il pm in tempi ristrettissimi. Si riducono di molto le garanzie del cittadino, proprio perchè c'è questo periodo di tempo che è completamente avvolto dal segreto". 
Ma è dai banchi dell'opposizione parlamentare - nonché da alcuni settori della maggioranza - che sul "pacchetto" governativo si abbattono le critiche più aspre. Con l'unica eccezione del Ccd, che invita a "non stroncare" il progetto, l'opposizione spara da destra e da sinistra. Silvio Berlusconi attacca: "Il governo ha messo le mani là dove non si dovevano mettere, con l' inasprimento delle pene che in Italia sono già più severe di tutte quelle degli altri Paesi, e invece non ha fatto nulla per incrementare davvero la lotta contro la criminalità in termini di repressione e prevenzione". Per il leader di Forza Italia il punto più inaccettabile è l'invio dell'esercito sul fronte della criminalità senza controllo parlamentare: "È una decisione assurda e pericolosa - dice Berlusconi - se lo avessi fatto io i sindacati avrebbero subito convocato una manifestazione antifascista in piazza San Giovanni, i giornali con in testa Repubblica avrebbero fatto titoli ad otto colonne molto allarmati parlando di rischio-golpe...". Anche Fausto Bertinotti invita il Parlamento ad avere "un soprassalto d'orgoglio" per bloccare la misura "gravissima e inquietante" che permette al governo di inviare l'esercito nelle zone a rischio senza un voto delle Camere; Alfredo Mantovano di An definisce invece il pacchetto "un mix tra la truffa e l'abuso della credulità popolare".
Dall'interno della maggioranza, le voci più critiche sono quelle di Tullio Grimaldi, capogruppo a Montecitorio dei Comunisti italiani, e del responsabile giustizia dei Verdi, Luigi Saraceni. Grimaldi ricorda che "nemmeno il codice del 1930" consentiva alla polizia di indagare fuori dal controllo della magistratura. E Saraceni accusa il centrosinistra di inseguire "strumenti che sono patrimonio della destra più retriva, ispirati a uno spirito demagogico ed emergenziale": e annuncia che i Verdi si opporranno in Parlamento, anche a costo della crisi di governo.