La
giornata nera di Flick
da La Repubblica del 20.5.98
Il centrodestra: “Dimissioni”.Il Guardasigilli risponde alla Camera.
Mussi (Ds):”Che umiliazione questi quattro schiaffi”
di DANIELE MASTROGIACOMO
ROMA - Fugge Licio Gelli. Fugge il boss Pasquale Cuntrera. Fuggono
due rapitori condannati all’ergastolo. Sparisce nel nulla il supertestimone
della strage di Piazza Fontana, un parricida messo agli arresti domiciliari
uccide un inquilino del suo stabile. Giornata nera, nerissima per la Giustizia.
E mare in burrasca per il ministro Giovanni Maria Flick che a tarda sera
vola alla Camera per rispondere ad una serie di interpellanze e interrogazioni
di tutti i gruppi parlamentari. Il Polo e la Lega chiedono a gran voce
le sue dimissioni e quelle di Napolitano, il Pds lo difende a fatica, tra
imbarazzo, sconcerto e una grande rabbia. Flick sembra stordito. Nel suo
intervento introduttivo, quasi notarile, si limita a spiegare fatti e circostanze
che tutti conoscono ormai da ore e che le agenzie di stampa hanno ricostruito
nel corso di tutta la giornata. Qualcosa non ha funzionato con Gelli, qualcosa
continua a non funzionare. Il Guardasigilli ripercorre le tappe procedurali
degli ultimi, clamorosi casi di fuga. Ma ammette di non essere in grado
di fornire delle spiegazioni convincenti. Dice: “Per il caso di Pasquale
Cuntrera, la Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza di rigetto
della richiesta di libertà nei confronti dell’imputato. Il 6 maggio
scorso, il sostituto procuratore generale ha dato esecuzione dell’ordinanza.
Il giorno stesso la procura ha trasmesso via fax copia del provvedimento
al carcere. Il detenuto, dopo ulteriori verifiche, è stato liberato.
L’11 maggio la Procura generale di Palermo ha emesso un nuovo provvedimento
di custodia cautelare. Ne è stata data notizia alla polizia. Non
esprimo alcuna valutazione. Non sono in condizione di farlo. Soprattutto
sulle ragioni del lasso di tempo trascorso tra la sentenza della Cassazione
e l’emissione del provvedimento restrittivo”.
Cinque minuti di relazione. Tre fogli dattiloscritti. Nessuna valutazione,
nessuna interpretazione, nessuna proposta. I capigruppo tornano in aula
dopo una pausa di quasi due ore a causa di una sospensione dovuta alla
mancanza del numero legale. In Transatlantico passeggia l’ ex ministro
della Giustizia Filippo Mancuso. Sorride. Ricorda le fughe clamorose di
vent’anni fa. “Quella di Lallo lo Zoppo, mi colpì. Bande terribili.
Ma alla fine noi li condannammo”. Si allontana. Ma le premesse del suo
intervento sono chiarissime. Il clima, del resto, è pessimo. La
maggioranza è in difficoltà e in forte imbarazzo. Lo dirà
e lo ripeterà con
foga il capogruppo del Pds alla Camera, Fabio Mussi. Il ministro dell’Interno,
memore dello scambio di accuse per la fuga di Gelli, non si fa cogliere
in contropiede: “C’è da interrogarsi sia sulla questione di applicazione
più
tempestiva di misure che possono essere prese, sia eventualmente di
revisione di questo sistema”. Ma la polizia, si chiede al ministro, impegnato
a Napoli, cosa fa? “Agli organi di polizia spetta compiere ogni sforzo
perchè le investigazioni siano efficaci. Si raccolgono gli elementi
utili a colpire le cosche criminali. Ma poi gli elementi li valuta l’autorità
giudiziaria”. Allora: colpa della Cassazione, dei ritardi nella comunicazione
dei provvedimenti? O colpa della magistratura che non emette in tempo le
misure restrittive? “C’è una falla”, ammette il sottosegretario
alla Giustizia Giuseppe Ayala. Il quale insiste su un tema che torna di
grandissima attualità. “Per garantire l’effettività della
esecuzione della pena bisogna intervenire immediatamente. Servono
interventi di vario tipo, sia di carattere normativo sia organizzativo,
da attuare nel più breve tempo possibile”. Parole che riportano
a sabato scorso. Ad un convegno organizzato dalla corrente della magistratura
Movimenti Riuniti. Mario Almerighi, leader storico della corrente, per
lunghi anni giudice istruttore e oggi presidente di sezione del Tribunale
di Roma, aveva fornito un dato eloquente e allarmante: “Nel 1995 il 90
per cen to dei condannati con sentenza definitiva è sfuggito al
carcere. Su 68 condannati con sentenza irrevocabile solo cinque hanno atteso
i carabinieri a casa e quindi sono finiti in galera”. Cosa fare?
Ricorda Almerighi con una vena polemica: “Nel programma dell’Ulivo, sul
tema della Giustizia, si prevedeva l’esecuzione anticipata della pena dopo
la sentenza di appello. Il punto non è stato applicato. In attesa
di una valutazione complessiva su come e dove intervenire, si possono varare
subito dei provvedimenti legislativi che tengano conto di tutte le garanzie
fondamentali in uno Stato di Diritto ma anche della richiesta di legalità
del Paese. Piuttosto che andare in carcere dieci o quindici anni dopo aver
commesso i fatti, è meglio far espiare subito la pena inflitta in
primo grado. Questo, visto che abbiamo ereditato un rito accusatorio che
prevede che la prova venga individuata in dibattimento. Ci può ovviamente
essere anche un processo di appello, ma se esistono nuove prove. L’ imputato,
tra l’altro, deve essere obbligato a presenziare al processo. A tutela
della sua garanzia e per evitare che possa sottrarsi alla eventuale condanna”.
Si parla di Cuntrera. Ma nel pomeriggio l’elenco dei fuggiaschi si
allunga con altri due ergastolani e con un pentito svanito nel nulla. Una
pioggia di critiche si abbatte sul ministro della Giustizia e dell’Interno.
Il Polo coglie l’occasione al volo per rilanciare la richiesta di dimissioni.
I capigruppo della maggioranza si consultano. E i giudizi sono unanimi.
Li esprime, con efficacia toscana, Fabio Mussi, del Pds. “E’ una umiliazione.
Non voglio mettere la sordina o sottovalutare quello che è successo.
Quattro schiaffi così sono una esagerazione: prima Gelli, poi Cuntrera
e i rapitori sardi che si dileguano. La condotta della Cassazione lascia
sconcertati. Per i due sardi la sentenza è arrivata per posta come
per Gelli. Qualcosa non va, signor ministro”, dirà con malcelata
rabbia più tardi in aula.
Filippo Mancuso, a nome del Polo, arriverà all’insulto: “Per
lei non provo neanche una larva del rispetto che nutro invece per il ministro
Napolitano. I suoi tempi sono maturi, è tempo che evada anche lei”.
Flick lascia l’aula. Ma appare ancora stordito. Chiede a Mussi che gli
sta vicino:
“Oltre a Cuntrera, hai parlato di altri due. Chi sono?”.
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