L’opposizione
chiede le dimissioni dei ministri di Giustizia e Interni
da Il Sole 24 ore del 20.5.98
Critici i Ds. Scappa Cuntrera, bufera su Flick. Il Guardasigilli: fatto
gravissimo
ROMA — Un nuovo colpo, forte, investe il ministro della Giustizia e
le critiche piovono da ogni parte. Questa volta, dopo la fuga di Gelli,
a “darsela” prima della sentenza è un boss mafioso oltretutto costretto
su una sedia a rotelle. Fuggito, a pochi giorni dal verdetto definitivo
per associzione mafiosa e traffico di droga. Rischiava di scontare in cella
21 anni Pasquale Cuntrera, boss agrigentino. Non ha atteso la sentenza,
prevista domani, ed è scomparso dopo essere stato scarcerato, il
6 maggio, dalla Suprema corte grazie a un cavillo. Quando i poliziotti
sono andati a cercarlo nella residenza di Ostia, l’11 maggio — ci sono
voluti cinque giorni per il nuovo ordine d’arresto — di Cuntrera, non c’era
più traccia. Eppure il boss era pedinato da quando aveva lasciato
il carcere di Parma.
Il Governo è di nuovo umiliato. E gli «schiaffi»
(come li ha definiti Fabio Mussi) sono arrivati a raffica, ieri. Con la
notizia che anche due rapitori sardi, condannati in via defintiva, si sono
resi irreperibili sfruttando i tempi dei passaggi di carte dalla Cassazione
alle Procure (mentre a Milano è “sparito” Martino Siciliano, pentito
protetto dell’inchiesta sulla strage di Piazza Fontana). Investito dalle
polemiche il ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick che ha riferito
ieri sera alla Camera: un «fatto gravissimo» ha esordito. Poi
ha ricostruito la vicenda e ricordato che «sono in corso ricerche
in Italia e all’estero». Ma nell’aula di Montecitorio Mussi gli ha
rimproverato quel “buco” tra scarcerazione e nuovo ordine d’arresto: «Che
è successo — ha chiesto — in quei giorni? Qualcosa non va, ministro.
Bisogna chiudere le falle nelle norme ma bisogna chiudere anche quelle
di una macchina statale che ne ha troppe». Ne è convinto anche
il ministro dell’Interno Giorgio Napolitano. «Il provvedimento di
cattura è arrivato anche questa volta troppo tardi» ha commentato.
Così, tra richieste di dimissioni dei ministri della Giustizia e
dell’Interno, prontamente avanzate dal Polo e dalla Lega, e interrogazioni
preoccupate dei deputati Ds, si è fatta strada l’idea che ci sia
una «falla», e grossa, nell’esecuzione delle sentenze, la fase
più delicata del processo penale. «C’è una falla —
ha affermato il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Ayala —. Bisogna
prendere misure sul piano normativo o anche di altro genere». Stessa
linea per il vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni: «È
necessaria un’azione urgente di Governo e Parlamento per evitare il ripetersi
di casi simili». Il rimedio, affacciatosi già dopo il
caso Gelli, è anticipare l’esecutività della sentenza al
secondo grado. L’idea (era nel programma dell’Ulivo, non se ne è
ancora fatto nulla) comincia a sfondare nel Polo: l’ha sposata il coordinatore
di An Alfredo Mantovano. Non la pensa così Giuliano Pisapia, presidente
della commissione Giustizia della Camera:
«Non servono nuove leggi. Basterebbe che i magistrati applicassero
quelle che già ci sono». Come è successo per Germano
Maccari, quarto uomo del sequestro Moro. Nell’imminenza della sentenza
definitiva è finito agli arresti domiciliari.
Roberta Miraglia
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