Amnistia strada sicura ma impopolare
da Il Messaggero del 20.11.99
di ROBERTO MARTINELLI
AUMENTA col passare delle ore la tensione sul «caso Craxi»,
una vicenda multiforme, diabolicamente complessa e sulla quale continuano
ad intrecciarsi speculazioni ed equilibrismi politici di ogni tipo. La
nota della Presidenza della Repubblica in risposta alle sollecitazioni
ad un provvedimento di clemenza ha fatto chiarezza sui limiti che la legge
impone al Capo dello Stato in questa materia. Niente grazia quindi per
l’ex presidente del Consiglio ospite del governo di Tunisi dall’inizio
della stagione di Mani Pulite. Esule secondo i suoi familiari, latitante
per la giustizia del suo paese. Ma, in questo momento, solo una persona
gravemente ammalata che ha diritto ad essere assistita e curata nel modo
migliore.
Da due mesi, da quando le condizioni di salute di Bettino Craxi si
sono aggravate, è stata cercata una soluzione del caso umano, di
quello politico, e naturalmente di quello giudiziario. E per uno strano
gioco del destino, giustizia e politica sono tornate a confrontarsi nel
tentativo di una rivincita dell’una sull’altra. E qualcuno ha insinuato
il sospetto che il «caso Craxi» sia stato usato come grimaldello
per aprire il discorso più generale sulla pacificazione del dopo
Tangentopoli.
Chiunque conosca le nostre leggi sa che nessuna delle soluzioni prospettate
può garantire quello status che l’interessato rivendica quando dice
che vuol tornare in Italia da uomo libero. Non basta la sospensione della
pena per i processi definiti e neppure la revoca degli ordini di custodia
cautelare emessi nei procedimenti in corso. Entrambe le decisioni dei magistrati
non escludono la possibilità di successive misure restrittive della
sua libertà personale. Stesso discorso vale per la revisione dei
processi già conclusi. La via del provvedimento di clemenza del
Presidente della Repubblica non è percorribile perché la
grazia non può essere concessa per fatti di cui si è ancora
imputati e sui quali non sia stata emessa sentenza di colpevolezza.
Su questo punto il Quirinale è stato chiarissimo quando ha fatto
sapere che, ferma restando l’attenzione agli aspetti umanitari della vicenda,
la posizione del Capo dello Stato di garante della Costituzione, al di
sopra delle parti, impone il rispetto pieno delle leggi della Repubblica.
Una risposta dovuta a quanti hanno improvvidamente coinvolto il vertice
delle istituzioni in una polemica dalla quale avrebbe dovuto essere tenuto
fuori. Ma la politica a volte non sente ragioni e può commettere
errori che purtroppo rischiano di conseguire risultati opposti a quelli
prefissati.
Intanto la richiesta, venuta da una parte dello schieramento dell’opposizione,
non ha trovato d’accordo altri esponenti di primo piano della stessa parte
politica, secondo la quale l’ex presidente del Consiglio non può
pretendere trattamenti di favore. Cosa che peraltro né l’interessato
né i suoi familiari hanno chiesto, forse nella consapevolezza che
mai una tale istanza sarebbe stata accolta.
Ma allora qual è la via che potrebbe riportare Craxi in Italia
e chiudere una volta per sempre il capitolo Tangentopoli? Essa è
una sola e si chiama amnistia. E’ quello strano oggetto del desiderio che
ha il potere di cancellare il reato dalla faccia della terra, o come dicono
più correttamente i giuristi di estinguerlo. Se ne parla da anni,
sottovoce, tutti la vogliono, ma nessuno ha il coraggio di dirlo apertamente
e farsene promotore. Il motivo è semplice, forse banale. Dopo l’ultimo
provvedimento di clemenza del 1989, il Parlamento ha modificato la Costituzione
che faceva della amnistia un qualcosa molto simile ad un perdono gentilmente
concesso dal Presidente della Repubblica su accordo delle Camere. Ora il
titolare pieno del potere decisionale di dare un colpo di spugna è
il Parlamento. Non la semplice maggioranza di deputati e senatori necessaria
per l’approvazione di una qualsiasi legge dello Stato, ma maggioranza qualificata
dei due terzi prevista per le modifiche costituzionali. Non solo: tale
maggioranza è chiamata a votare prima il provvedimento di amnistia
nel suo complesso, e poi articolo per articolo.
Come dire che per arrivare ad un tale risultato occorre un accordo
politico certamente difficile da conseguire e che, in questi dieci anni,
non è stato raggiunto. Ecco perché il «caso Craxi»
non è stato risolto e non è possibile risolverlo se maggioranza
e opposizione non decideranno di sedersi attorno ad un tavolo e discutere
se l’amnistia può essere concessa ed entro quali limiti. E poiché
i reati per i quali l’ex presidente del Consiglio è stato condannato
sono di diversa natura, un’amnistia che possa comprenderli e cancellarli
tutti deve essere particolarmente ampia. Di una tale ampiezza come mai
forse ne sono state concesse in quasi cinquant’anni di Repubblica.
Inutile dire che, semmai ciò avverrà, non sarà
solo Bettino Craxi a beneficiarne, ma tutti quelli che si sono trovati
e si trovano nelle sue condizioni. E tra questi anche moltissimi che hanno
conseguito arricchimenti illeciti senza neppure opporre l’alibi di aver
violato la legge per fini politici o per finanziare il partito di appartenenza.
Quando deputati e senatori avranno sciolto questo nodo e avranno deciso
di percorrere questa strada, basterà compilare una semplice e banale
proposta di legge e darle quella corsia preferenziale che consente alle
leggi che si vogliono fare sul serio di essere approvate in tempi brevissimi.
E non serve neppure che a pronunciarsi sul «caso Craxi» siano
il presidente del Consiglio o il ministro di Giustizia come qualcuno chiede.
Il potere esecutivo è fuori da questa storia. come lo è il
potere giudiziario. Solo il Parlamento ha il potere sovrano di azzerare
un reato dichiarandone l’estinzione in forza di un voto quasi plebiscitario.
Tutto sta ad avere il coraggio di farlo.
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