Per il presidente dei penalisti lo sciopero va disciplinato 

da Il Sole 24 ore del 20.11.98

ROMA — «Non nego che ci sia l’esigenza di una legge, e anche di un
self restraint, sullo sciopero degli avvocati. Siamo pronti a confrontarci
con Governo e Parlamento. Ma continuo a non capire le ragioni di una
reazione così nervosa per la nostra recente manifestazione, soprattutto
da parte del capo dello Stato. Comunque sia, considero chiuso il
capitolo. Adesso mi preme di più lavorare con le forze politiche e di
governo per restituire al più presto all’Italia un giusto processo».
La prossima settimana Giuseppe Frigo, presidente dei penalisti italiani,
andrà a sedersi attorno al famoso “tavolo” con Governo e Parlamento.
Anche per questo non vuole cedere alla tentazione di polemizzare col
capo dello Stato, che ieri pomeriggio ha precisato il suo pensiero sullo
sciopero degli avvocati della scorsa settimana contro la sentenza della
Corte costituzionale sul «513»: uno sciopero «diretto a sovvertire l’ordine
costituito», lo aveva definito martedì Scalfaro; «eversivo», ha confermato
ieri in un comunicato diffuso dal Quirinale, rivendicando il diritto-dovere di
battersi per evitare «l’offesa, l’aggressione, il disprezzo delle istituzioni».
Del resto, già nel ’91 Scalfaro aveva preso una posizione analoga, ma nei
confronti dei magistrati, che avevano proclamato uno sciopero contro il
governo Andreotti (per il decreto legge sulla Direzione nazionale
antimafia), contro il ministro della Giustizia Martelli (per le sue
«interferenze» nelle nomine degli uffici direttivi) e contro l’allora capo dello
Stato Cossiga (per il potere di veto rivendicato sull’ordine del giorno del
Csm). Cossiga e Andreotti avevano invitato i giudici a non aderire a quella
che non consideravano né uno sciopero né una serrata, ma «una
pressione esercitata da una lobby in violazione di tutti i principi sulla
divisione dei poteri». E anche Scalfaro, che allora era un deputato Dc, si
pronunciò contro la legittimità dello sciopero, pur esprimendo
«solidarietà» alla magistratura «per la difesa dei suoi diritti
costituzionali». Ma tant’è. La puntualizzazione di ieri sullo sciopero degli
avvocati ha innervosito ancora di più il Polo che, senza l’appoggio del Ccd
e di Silvio Berlusconi («Così non si raggiungerà alcun risultato»), ma con
quello della Lega, continua a chiedere le dimissioni del capo dello Stato
(le firme sarebbero arrivate a 130). Nella maggioranza prevale invece la
prudenza: Cesare Salvi (Ds) si augura che cessino le polemiche per porre
mano subito alle riforme, costituzionali e ordinarie, della giustizia.
Un invito raccolto dagli avvocati, a parte le dimissioni per protesta di
Oreste Flammini Minuto da giudice aggregato della Consulta. «I penalisti
non hanno aggredito nessuno, neppure a parole — è stata la replica Frigo
alla precisazione di Scalfaro —. Secondo il principio logico di non
contraddizione, se lo sciopero è un diritto e anche uno strumento per
esercitare la libertà di opinione politica, non può costituire né offesa né
aggressione né disprezzo per nessuno e neppure per le istituzioni, che
non corrono alcun pericolo, ma che soggiacciono tutte al controllo della
pubblica opinione». Frigo ammette, però, che questa vicenda, al di là
delle polemiche, ha riproposto anche il problema di una disciplina più
adeguata dello sciopero degli avvocati, tema su cui è già partito il
confronto con Governo e Parlamento: martedì scorso, i rappresentanti
dell’avvocatura ne hanno discusso a lungo con il presidente della
commissione Giustizia del Senato Michele Pinto al quale porteranno, tra
lunedì e martedì, una loro proposta unitaria di autoregolamentazione, che
rimane l’opzione principale anche se di difficile realizzazione. Perciò è
molto probabile che venga ripescato il Ddl dell’ex ministro Flick (con
opportune modifiche), fermo da due anni al Senato proprio per dare
spazio a un periodo di sperimentazione dei Codici di
autoregolamentazione. I quali, osserva Pinto, si sono rivelati carenti sotto
diversi profili: il preavviso e soprattutto l’individuazione di un’Autorità di
garanzia e delle sue competenze. «Martedì ci sarà un Ufficio di
presidenza della Commissione Giustizia — spiega Pinto — al quale
parteciperà anche il ministro della Giustizia Diliberto per individuare le
priorità da mettere all’ordine del giorno. Ed è evidente che questa vicenda
ha dimostrato ancora una volta l’urgenza di una regolamentazione di
questo sciopero».
La strada maestra, dunque, resta l’autoregolamentazione. «Ma io sarei
anche più contento — fa sapere Frigo — se il Codice, opportunamente
modificato, fosse recepito da una legge e se un’apposita norma
prevedesse un’Autorità di garanzia collegiale, nominata dal Consiglio
nazionale forense ma composta da soggetti super partes ad esso
estranei, come gli ex giudici della Consulta, con compiti di verifica del
rispetto delle regole». Un’apertura importante alla vigilia del “tavolo” con
Governo e Parlamento, che potrebbe facilitare l’approvazione di
un’apposita legge, richiesta ormai da due anni dalla Corte costituzionale.
Donatella Stasio