Pellegrino: che tristezza, è battaglia di retroguardia  

da Il Corriere della sera del 20.10.98 

M. Antonietta Calabrò 
ROMA - Il presidente della Commissione stragi, Giovanni Pellegrino, critica l’intervista rilasciata al Corriere dal presidente dimissionario dell’Associazione nazionale magistrati, Mario Almerighi, sostenendo che esprime una «battaglia di retroguardia». Assai presto «sarà l’Europa ad imporci nel modulo organizzativo della giustizia le riforme che la magistratura associata si ostina a contrastare». 
Quelle di Almerighi sono parole in libertà oppure esprimono un sentimento diffuso tra le toghe? 
«Le dichiarazioni di Almerighi riflettono un’impostazione culturale diffusa nella magistratura associata, anche se va dato atto ad altri magistrati, innazitutto ad Elena Paciotti di saperla filtrare e di esprimerla con maggiore prudenza. L’intervista dimostra inoltre che l’appetito vien mangiando. Dopo essersi vittoriosamente impegnati nell’impedire ogni seria riforma del sistema costituzionale delle garanzie, provano ora ad inserire un nuovo principio nella nostra costituzione materiale: il proprio gradimento alla nomina del ministro di Grazia e Giustizia. Rilevo tutto ciò con una qualche tristezza perché la sortita di Almerighi si inserisce ripeto in una battaglia che è culturalmente di retroguardia». 
L’intervista di Almerighi, senatore Pellegrino, non riesce a meravigliarla? 
«Molti magistrati portano avanti solo misure di razionalizzazione, ma per loro l’assetto organizzatorio sia a livello di costituzione sia a livello di legislazione ordinaria non deve cambiare. E’ una posizione conservatrice e corporativa e si sa che le corporazioni non sono mai favorevoli ai cambiamenti che li riguarda». 
Ormai manca poco per sapere chi sarà il nuovo ministro della Giustizia, che caratteristiche dovrà avere secondo lei? 
«Non serve un Mancuso che riempia le procure di ispezioni. Il ministro dovrà saper dialogare: un ministro che andasse allo scontro con la magistratura finirebbe per essere meno efficace di un ministro che vada al colloquio con autorevolezza, ma anche con coraggio e autonomia. Sono convinto che bisogna far penetrare all’interno della magistratura l’idea del carattere inaccettabilmente conservatore e corporativo delle loro posizioni, fidando molto nei processi di omologazione a livello europeo...». 
In ogni caso anche Francesco Saverio Borrelli ieri ha ripetuto il proprio gradimento ad un nuovo incarico a Giovanni Maria Flick ministro, sullo stesso leitmotiv di Almerighi... 
«Non va dimenticato che Borrelli nell’ultimo congresso dell’Amn è stato quello che ha espresso una posizione di scontro con la politica, fu il portatore della linea più dura: Borrelli, Spataro, Almerighi. Non a caso Almerighi appartiene alla corrente più dura della magistratura, quella meno disponibile ad ogni forma di dialogo, ma anche a qualsiasi forma di ripensamento sul già detto». 
Ma Almerighi ha sostenuto che l’assetto costituzionale della magistratura italiana ce lo invidiano tutti... 
«Ripete la solita frase fatta che il nostro sistema ci viene invidiato nel mondo. In realtà è una frase che viene ripetuta da anni, ma a me non risulta che nessuno ci abbia mai imitati. Questo mi fa pensare che sono soltanto gli altri pubblici ministeri che invidiano, ovviamente, la posizione di forza che da noi ha il pm per essere interno alla giurisdizione. In generale, invece, negli altri Paesi ci si rende conto che questa è una situazione squilibrata. Sabato scorso a Livorno si è svolto un convegno sul pubblico ministero europeo ed è emerso che sicuramente sarà un pubblico ministero separato dalla giurisdizione. Autonomo indipendente, ma separato dalla giurisdizione, in forza delle direttive già sottoscritte in Europa e che proprio il Corriere ha reso note. Dobbiamo andare verso un sistema europeo omologato e l’Europa non tollererebbe un pubblico accusatore interno allo stesso corpo professionale che ha il potere giudiziario. Il modello europeo, che è in distonia con il modello italiano, sicuramente prevarrà sul nostro».