“Il Guardasigilli? Meglio politico”  

da La Stampa del 20.10.98 

MILANO 
Non spetta a me deciderlo, ma solo un politico a ministro della Giustizia avrebbe la visione d’insieme del problema”, spiega Gerardo D’Ambrosio, il numero due della procura di Milano, mentre impazza il toto-ministro.  Ma lei, dottor D’Ambrosio, cosa si aspetta dal prossimo Guardasigilli?  “Che metta mano alla riforma della Giustizia. Formalmente siamo in Europa, ma in questo campo siamo ancora molto indietro”. 
Partendo da cosa? I nodi irrisolti della Bicamerale sono ancora aperti, c’è il problema della separazione... 
“Vogliono la separazione delle funzioni? La facciano e non se ne parli più. Il dibattito sulla riforma, non si può fermare solo su questo punto”.  Beh, intanto il Polo e tutte le opposizioni parlano di separazione delle “carriere” e non delle “funzioni”. Poi vorrebbero il controllo dell’esecutivo sul pm... 
“A me risulta che ci sia già un progetto arrivato in Parlamento. E’ quello elaborato dal pds durante il governo Prodi, in cui si parla di separazione delle funzioni. La maggioranza vada con quello in Parlamento, si voti e se passa, si vada avanti senza perdere altro tempo”. 
Sul toto-ministro per via Arenula, ci sono già molte polemiche e molte candidature. 
“Io non faccio nomi. Per quell’incarico ci deve essere il primato della politica, siano i politici a sceglierlo”. 
Va bene. Però Borrelli sponsorizza il Guardasigilli uscente. Dice che “il lavoro di Flick deve continuare”. Mentre il presidente per un giorno dell’Anm, Almerighi, assicura che “Flick deve varare le riforme in cantiere”. E’ anche lei per la continuità? 
“Non spetta a me dire chi deve o non deve fare il ministro della Giustizia”.  Sull’onda delle polemiche nate dall’intervista al “Corriere”, Almerighi si è addirittura dimesso... 
“Prendendo con beneficio d’inventario le dichiarazioni pubblicate dal “Corriere”, Almerighi non parlava più come un magistrato al quale, come per ogni cittadino, spetta il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni. Come presidente dell’Anm, Almerighi non poteva parlare a titolo personale”. 
Comunque lei a via Arenula preferirebbe un politico. 
“Sì, un politico. I tecnici al ministero servono, ma dopo. Come consulenti servono a preparare le leggi, ad evitare che il Parlamento discuta di disposizioni che non portano da nessuna parte”. 
Stando ai nomi che girano, più di uno in passato non ha lesinato attacchi e critiche feroci a lei e al lavoro dei suoi colleghi. Non teme l’arrivo di un “normalizzatore”? 
“Certe dichiarazioni fatte in passato, non mi preoccupano affatto. Non penso si possa valutare il lavoro e le capacità di una persona, sulla base di una frase detta a un giornalista”. 
Però... 
“Io credo che il lavoro importante sia quello che si fa in Parlamento, discutendo di leggi, di programmi di governo e di riforme, tra cui metto anche quella della Giustizia. A me non interessa quello che viene detto una sera, davanti al microfono di una televisione”. 
Torniamo alla riforma. Quali sono i punti per lei fondamentali?  “Ci vuole il patteggiamento allargato visto che i riti alternativi non hanno funzionato. In Italia vengono usati solo nel 25% dei processi, nei Paesi a rito accusatorio come in Gran Bretagna e negli Stati Uniti sono la maggioranza. C’è il problema del giudice unico che entra in vigore da giugno. E io aggiungo che ai giudici di pace, dovrebbero essere allargate le competenze. Si eviterebbero tanti ingolfamenti...”. 
E poi? 
“C’è da studiare il problema dell’esecutività della pena. Solo da noi, ci sono tre gradi di giudizio... E con la legge Simeone, non va in carcere più nessuno. Che almeno si rafforzino i Tribunali di sorveglianza”. 
Negli Stati Uniti, per andare in carcere, basta il primo grado di giudizio. 
Pensa sia meglio? 
“Massì, qui da noi si va in Cassazione anche per il ladruncolo colto in flagrante.  Lo si obblighi invece ad accettare una riduzione della pena in cambio del patteggiamento”. 
Poi c’è l’amnistia per Tangentopoli. Questa potrebbe essere la volta buona? 
“In Italia si continua a confondere tra garantismo e perdonismo. Non mi sembra che siano la stessa cosa”. 
Spieghi meglio. 
“Ma perché non affrontare le cose prima e non dopo... Da noi mancano leggi sulla prevenzione della corruzione. Se ci fossero, se ci fosse la certezza dell’ineluttabilità della pena come diceva Cesare Beccaria, se ci fosse una giustizia veloce, non saremmo qui a parlare di amnistia. Avremmo già fatto tutti i processi”. 
Fabio Poletti