Bufera sulle esternazioni di Almerighi  

da Il Sole 24 ore del 20.10.98 

ROMA — È durata meno di 48 ore la presidenza Almerighi dell’Associazione nazionale magistrati: da sabato sera a lunedì mattina.  Giusto il tempo di scatenare, via esternazione, l’ennesima bufera sulle toghe con un’intervista rilasciata al Corriere della sera che lo ha costretto alle dimissioni nel volgere di poche ore, su pressante invito dei colleghi del sindacato magistrati, che si sono dissociati dalle incaute dichiarazioni del neopresidente. Il giudice Mario Almerighi ieri pomeriggio ha dunque fatto «un passo indietro», pur smentendo i contenuti dell’intervista (confermati invece dal quotidiano). Si è fatto da parte, Almerighi, «per togliere l’Anm dall’imbarazzo». Un imbarazzo via via aumentato con l’esplodere rabbioso delle reazioni politiche. Ai partiti — dal Polo ai Verdi passando per Ppi e Ds — ma anche ai colleghi sono suonate come gravissime interferenze le opinioni di Almerighi sul futuro Guardasigilli del nascente Governo D’Alema. 
«Personalmente mi andrebbe bene ancora Flick — aveva detto —. Ma se invece ci mettono qualche infiltrato del Polo nel partito popolare...  (riferendosi a Ortensio Zecchino, presidente della commissione Giustizia del Senato, Ndr)». In tal caso, aveva aggiunto Almerighi, «tutto lo staff del ministero è pronto a dimettersi». Intenzioni clamorose e tuttavia smentite dall’interno del dicastero: «È un affermazione priva di senso», ha dichiarato Stefano Racheli, in servizio al ministero nonché segretario della corrente di Almerighi, i Movimenti Riuniti. «Il contenuto di quello scritto —ha aggiunto Racheli — dà l’impressione di una magistratura arrogante, arroccata e che vuole imporre agli altri il suo modo di vedere le cose».  E per difendere un’immagine pesantemente compromessa le correnti dell’Anm, unanimi sabato nelle designazione, hanno ieri altrettanto all’unanimità chiesto ad Almerighi di lasciare. L’incidente sarà discusso già domani dalla giunta dell’Anm e la decisione toccherà al Comitato direttivo centrale convocato a Napoli per il 7 novembre. Non è ancora chiaro come si orienterà il “parlamento” dei giudici: se riterrà sufficienti le spiegazioni di Almerighi oppure si avvierà alla successione (potrebbe riemergere il nome di Ciro Riviezzo, sempre di Mr). 
È stata Unicost, corrente di maggioranza dell’Anm, a chiedere per prima e duramente le dimissioni di Almerighi. Le altre correnti, a ruota, si sono associate alla censura. E anche alcuni componenti del Csm. Toghe in accordo, per una volta, con il mondo politico che, colpito nelle sue prerogative, non è stato tenero, ovviamente. «Comincia male — ha esordito il presidente del Senato Nicola Mancino —. Se la magistratura è autonoma e indipendente, anche la politica ha diritto a non farsi condizionare da nessuno». E mentre i senatori del Ppi si riunivano per esprimere solidarietà al collega Zecchino il diretto interessato mostrava un certo aplomb: «Sono rammaricato. Queste posizioni di veti incrociati non aiutano. Va ritrovato senso della misura». E dai Ds un’unica voce, quella del senatore Giovanni Pellegrino che ha bollato l’uscita come «battaglia di retroguardia». Il verde Marco Boato ha accusato il magistrato di «voler mettere sotto tutela il Governo prima ancora che nasca». E, dal Polo, Marcello Pera (Forza Italia) ha definito «inaudite» le dichiarazioni; il collega di partito Gaetano Pecorella ha invitato Flick a esercitare l’azione disciplinare; Alfredo Mantovano, per An, ha esortato i magistrati a sfiduciare Almerighi. 
Prima ancora che il mondo politico insorgesse, la giunta dell’Anm aveva già diffuso un documento che metteva un muro tra l’associazione e Almerighi: «Le dichiarazioni attribuite al presidente non rappresentano per metodo e contenuto la linea costante dell’Anm che non è mai intervenuta e non intende intervenire nella valutazione delle persone che rappresentano le istituzioni e tanto meno nella composizione del Governo». 
Roberta Miraglia