Solo Violante va in giudizio (e vince la causa)  

da Il Sole 24 ore del 20.10.98 

C’è Cossiga, accusato nel ’93 di oltraggio a pubblico ufficiale perché aveva inviato in dono all’allora Procuratore di Palmi, Agostino Cordova (per aver svolto indagini «discutibili», come quella sulla massoneria), un cavallo a dondolo e un triciclo «per quegli svaghi - scriveva al magistrato l’ex presidente della Repubblica in una lettera che precedeva i regali —che ella abbia diritto a concedersi». C’è Sgarbi, che bocciato al concorso per diventare professore ordinario dedica un’intera trasmissione televisiva a questa vicenda, insultando una commissaria d’esame («moglie di un potente barone», «ignorante»). C’è Domenico Contestabile, che va dicendo ai giornalisti che Stefania Ariosto è una «mitomane» e si sarebbe inventata la storia della morte dei suoi tre figli; e Ottaviano del Turco, che dopo le presunte rivelazioni di un presunto pentito parla del Pm di Milano Ilda Boccassini come di «una volpe a guardia di un pollaio». C’è anche Boato, che in veste di testimone al processo Sofri accusa un Pm di aver interrogato senza garanzie un terrorista detenuto per costringerlo a dire che il mandante dell’omicidio Calabresi sarebbe stato lo stesso Boato; e Previti, che dà del venduto a un giornalista per un servizio televisivo sul suo conto. 
È solo un piccolo campionario di storie di straordinaria insindacabilità, tutte finite con l’altolà del Parlamento ai giudici perché o si trattava di una critica «garbatamente ironica» (Cossiga) o di una «manifestazione del pensiero politico e non di una polemica di natura personale» (Previti) o di una «denuncia politica espressione di una battaglia ideale sul presunto uso distorto delle regole processuali» (Boato) o di una «proiezione in futuro circa le conseguenze delle dichiarazioni del pentito» (Del Turco), e via continuando. 
Il semaforo verde è scattato pochissime volte, quando era obiettivamente difficile sostenere che le opinioni espresse fossero connesse alla funzione parlamentare. Così è stato per Sgarbi, che in pubblico aveva preso a parolacce la sua scorta per averlo portato in un posto diverso da quello desiderato o che aveva insultato gli agenti di polizia per avergli impedito di far entrare in un luogo riservato alle autorità due ragazze.  Su oltre 100 parlamentari interessati, soltanto tre hanno fatto il beau geste di rinunciare all’insindacabilità, accettando di sottoporsi al giudizio della magistratura. Al Senato sono stati Giuseppe Ayala e Pino Arlacchi (finiti sotto processo per alcuni giudizi fortemente critici su Corrado Carnevale); alla Camera, invece, l’unico a dare il buon esempio è stato il presidente Luciano Violante, portato davanti al giudice da Edgardo Sogno per alcune affermazioni fatte nel ’90 durante una trasmissione sul cosiddetto “Golpe bianco del ’74”. Nella stessa causa Violante aveva chiesto a Sogno il risarcimento-danni per alcune frasi ritenute lesive della sua onorabilità apparse in un’intervista. Il presidente della Camera ha chiesto alla Giunta di dare via libera al giudizio contro di lui. Così è stato e alla fine (anche se manca ancora la decisione dell’Aula la causa è andata avanti) è a Violante che il Tribunale ha dato ragione, condannando Sogno a risarcirgli 100 milioni per danni. Segno che rinunciare a una prerogativa (o a un privilegio?) non significa anche rinunciare ad avere giustizia. 
D.St.