Magistrati, dopo 48 ore Almerighi se ne va 

da Il Corriere della sera del 20.10.98 

Flavio Haver 
ROMA - Prima la bufera, con l’intero mondo politico indignato per il contenuto dell’intervista al Corriere della Sera. Poi il direttivo dell’Anm che prende le distanze. E, alla fine di una mattinata turbolenta e piena di tensioni, Mario Almerighi sceglie la strada delle dimissioni: il neo-presidente dell’Associazione nazionale magistrati, eletto da appena quarantott’ore, ha dovuto per forza di cose annunciare l’abbandono della prestigiosa poltrona che aveva appena occupato. Troppo esplosive le sue dichiarazioni sul gradimento per una riconferma di Flick alla guida del ministero della Giustizia forse maturate quando ha capito che nel nuovo governo non c’era posto per l’attuale Guardasigilli, troppo esplicito il veto a candidati «garantisti». Almerighi, travolto dalle polemiche, ha alzato bandiera bianca non prima di tentare però l’ultima autodifesa: «Il contenuto dell’intervista non corrisponde al mio pensiero». La Direzione del Corriere ha confermato parola per parola l’intervista, di cui esiste una registrazione. «Mi sono dimesso - ha spiegato Almerighi - 
per togliere dall’imbarazzo l’Anm: c’è un problema di immagine dell’Associazione, spero che questa soluzione accontenti tutti». 
La prima, clamorosa bocciatura per il giudice, che è uno degli esponenti di spicco della corrente dei Movimenti Riuniti, che ha indagato su Roberto Calvi e che attualmente è presidente di una sezione del Tribunale di Roma, è stata sancita da Nicola Mancino. «Comincia male», ha tuonato la seconda autorità dello Stato prima che le agenzie annunciassero le dimissioni. «Al giudice Almerighi - ha aggiunto il presidente del Senato - è sufficiente ricordare che, se la magistratura è 
autonoma e indipendente, anche la politica ha diritto a non farsi condizionare da nessuno, associazioni o potere che sia o voglia essere. Le istituzioni si “normalizzano” se ciascuno resta negli spazi che gli sono propri e non sconfina». 
Nello stesso momento quattro membri della giunta esecutiva dell’Anm (Piercamillo Davigo di Mi e gli esponenti di Md Elena Paciotti, Giovanni Salvi e Francesco Pinto) firmavano un comunicato che suonava come una scomunica senza appello: «Le dichiarazioni attribuite al presidente Almerighi non rappresentano, per metodo e contenuto, la linea costante dell’Anm, che non è mai intervenuta e non intende intervenire nella valutazione delle persone che rappresentano le istituzioni, e tanto meno nella composizione del futuro governo». E dal vicepresidente dell’Anm, Francesco Castellano (Unicost), è arrivata la stroncatura definitiva per Almerighi: «Ha perso una buona occasione per tacere. La voglia di protagonismo lo ha portato a rilasciare una serie di interviste, fino a quella sul Corriere, nella quale esprime una serie di opinioni non condivisibili e del tutto personali». 
Ma la vicenda, per Almerighi, non è finita con le dimissioni, delle quali si parlerà nella giunta dell’Anm in programma domani e che dovrebbero essere formalizzate nella riunione del Comitato direttivo prevista per il 7 novembre a Napoli. 
Per il magistrato si profilano una serie di iniziative che potrebbero addirittura sfociare nell’apertura di un’indagine disciplinare. A chiederla, con un esposto inviato a Flick, al procuratore generale della Cassazione Ferdinando Zucconi Galli Fonseca e al vicepresidente del Csm Giovanni Verde, è stato l’ex presidente delle Camere penali e deputato di Fi Gaetano Pecorella: «L’intervista al Corriere - ha sostenuto - costituisce un attacco all’autonomia del Parlamento, sino a raggiungere le forme di un vero e proprio ricatto». Mentre Tiziana Maiolo (Fi) ha annunciato di voler denunciare Almerighi per il reato di istigazione a disobbedire alle leggi dello Stato: «L’invito ai funzionari assunti per concorso a paralizzare attraverso le loro dimissioni l’attività amministrativa del ministero, qualora il Guardasigilli non fosse stato di gradimento, rappresenta uno dei punti più alti mai raggiunti nella violazione delle leggi da parte dei magistrati». Durissime anche le reazioni di altri parlamentari. Per il verde Marco Boato, il «leader del sindacato dei magistrati pretende di mettere il governo D’Alema sotto tutela, prima ancora che nasca». Il capogruppo di An al Senato, Giulio Maceratini, ha detto che «l’arroganza, assieme alla nessuna considerazione sull’autonomia delle scelte del mondo politico, non hanno precedenti». E il responsabile della Giustizia dei ds, Pietro Folena, ha osservato: «Spero che questa vicenda aiuti tutti a fare un passo in avanti in un rapporto equilibrato fra giurisdizione e politica».