Il Magistrato in prima linea
da La Stampa del 20.9.99
MILANO
IO l’atteggiamento di questa destra sulle scelte in tema di sicurezza
non lo riesco più a capire». Il procuratore Gerardo D’Ambrosio,
seduto alla sua scrivania in una procura deserta, legge i giornali e scuote
la testa.
Allora dottor D’Ambrosio, il mondo si rovescia: la sinistra chiede
norme più restrittive e la destra grida allo stato di polizia.
«Parliamo da sei mesi di cosa bisogna fare per la sicurezza,
c’incontriamo ai dibattiti, conveniamo sulla necessità di agire,
io stesso sono andato a parlare a un convegno di Forza Italia e ho ricevuto
anche consensi. Allora mi chiedo: non potevano presentare delle proposte
di legge, delle iniziative? L’opposizione ha questo compito, come era avvenuto
nel caso della legge Simeone che fu proposta da un parlamentare di An.
E poi non capisco: uno Stato in cui si dice che chi è condannato
deve andare in galera, è uno Stato di polizia?»
E che ne dice della frase di Violante: «Prima della giustizia
c’è la sicurezza»?
«Nulla. Nel senso che Violante si stava riferendo semplicemente
a un ordine di priorità dei lavori parlamentari».
Il ministro Jervolino però se la prende con i magistrati e dice:
«Troppe scarcerazioni immotivate». Vi scarica?
«E no, allora bisogna fare un discorso più articolato.
Io ho qui 2.400 ordini di esecuzione della pena non consegnati, le statistiche
mi segnalano che l’80 per cento delle sentenze non viene eseguita, c’è
una massa di persone condannate che se ne va a spasso per la città
senza che nessuno alzi un dito. E tutti a dire che bisogna arrestare di
più».
Sbagliato?
«Ma no, d’accordo, arrestiamo pure più criminali. E poi?
Li facciamo uscire aspettando che vada in giudicato la sentenza e quando
poi passa in giudicato non li mettiamo più in galera? Ma perchè
prima non pensiamo a mettere dentro chi è già stato condannato:
vi sembra una cosa così assurda?».
Insomma, bisogna inventare una nuova ricetta?
«Macchè. E’ proprio questo il punto: la soluzione c’è
già, è lì, a portata di mano, che aspetta di essere
approvata. Per esempio, il giusto processo: la mia opinione è che
andava introdotto subito nel nuovo codice di procedura penale. Invece no,
lo si vuole legare a una riforma costituzionale così i tempi rischiano
di diventare lunghissimi. Vengano approvate piuttosto le norme sulla parità
nel processo e poi vediamo anche la possibilità di dare un’esecutività
dopo la sentenza di primo grado per i casi più gravi. Lo ripeto:
iniziamo a mettere in galera chi è già condannato, mettiamo
in affidamento solo quelli che effettivamente se lo meritano»
E invece oggi cosa succede?
«Succede che se anche uno viene arrestato in flagranza di reato
per la terza volta può capitare che scatti la sospensione della
pena perchè magari non è stato ancora aggiornato il casellario
giudiziario».
Si parla anche di aumentare i poteri alla polizia. Lei è d’accordo?
«Anche qui, non riesco a capire: l’unico potere che è
stato tolto alla polizia è relativo alla possibilità d’interrogare
un indagato senza la delega pm. Per il resto anche la mia prima direttiva
di luglio diceva che il l’obbligo principale della polizia giudiziaria
di fronte a un reato è di svolgere le indagini. Ma non lo dico io,
lo dice il codice, articolo 55, comma 1: la polizia giudiziaria ’’deve’’
ricercare gli autori del reato, raccogliere le prove, svolgere accertamenti.
Mentre perquisizioni e intercettazioni possono essere svolte solo su ordine
del giudice. Mi pare un elementare principio di civiltà».
Le piace il pacchetto anticrimine del governo?
«In buona parte sì, alcune proposte erano contenute anche
in un promemoria che mi era stato chiesto d’inviare una decina di giorni
fa al ministero di Grazia e Giustizia. Ma occorre salvaguardare un principio
di fondo della legge Simeone che è quello di non far passare dal
carcere chi non c’è mai andato. Mentre mi lasciano perplesso le
indescrezioni sul ’’periodo minimo di dentenzione’’. Quando ho proposto
le modifiche della legge Simeone, in particolare quelle sul meccanismo
della notifica le ho sempre articolate in modo da salvaguardare l’impianto
di fondo della legge. La cosa più importante è creare un
filtro, una cerniera che eviti il carcere a chi non lo merita e lo garantisca
a chi viene condannato o commette altri reati».
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