Lasperanza
fermato dal suo capo
da Il Messaggero del 20.9.98
ROMA - Uno dei pubblici ministeri del processo Marta Russo, era pronto
ad astenersi. Carlo Lasperanza, il sostituto procuratore che sin dall’inizio
ha seguito le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Italo Ormanni,
aveva chiesto al procuratore di essere sostituito. Un’istanza che il capo
dell’ufficio Salvatore Vecchione ha respinto ritenendola «inopportuna
ai fini del procedimento in corso». È quanto emerge dalla
relazione che la procura di Roma ha inviato due giorni fa al ministro della
Giustizia Giovanni Maria Flick, al Consiglio superiore della magistratura
e alla procura generale. Una ventina di pagine in cui si ripercorre la
storia dell’ormai famoso videotape con l’interrogatorio della supertestimone
Gabriella Alletto.
Due giorni fa, con un comunicato ufficiale, il procuratore Vecchione
ha difeso a spada tratta i suoi magistrati annunciando che martedì
sarebbero stati regolarmente in udienza. E lo stesso ha fatto nella sua
relazione. Un lungo documento arrivato al termine di due giornate infuocate.
Una bufera iniziata dopo che i nastri sono diventati pubblici e le televisioni
hanno mandato in onda le parti più ”forti” dell’interrogatorio cui
fu sottoposta Gabriella Alletto.
Era l’11 giugno del 1997, la donna non era ancora indagata. Fu convocata
in procura insieme al cognato. Maria Chiara Lipari, l’altra supertestimone
dell’accusa, aveva già fatto mettere a verbale che la mattina del
delitto, al momento dello sparo, nell’aula 6 c’erano Gabriella Alletto
e Francesco Liparota. Ormanni e Lasperanza chiesero al Gip di poter disporre
un’intercettazione ambientale e ottennero il via libera. Nella stanza fu
piazzata però anche una telecamera. «La registrazione video
- spiega Vecchione a Flick - rendeva noto all’operatore i momenti in cui
i due soggetti rimanevano soli. Ebbe quindi funzione strumentale e non
poteva essere acquisita agli atti tant’è che rimase esclusivamente
nella disponibilità degli organi di polizia. la medesima attività
è stata ritenuta legittima dalla Corte d’Assise».
Mercoledì scorso, parlando alla Camera, il presidente del Consiglio
Romano Prodi ha attaccato duramente la procura definendo l’episodio «una
vicenda gravissima». Poi ha citato la Costituzione e ha affermato:
«La Costituzione prima e il codice di procedura penale poi, chiariscono
che dichiarazioni rilasciate da persone informate sui fatti, testimoni
o imputati, devono essere frutto di una scelta libera, cosciente e volontaria
del soggetto. Agli organi inquirenti è fatto divieto di condizionare,
sotto il profilo psicologico, le condotte processuali».
Vecchione ha immediatamente convocato nella sua stanza i pubblici ministeri
e ad entrambi ha vietato di rilasciare qualsiasi tipo di dichiarazione.
Il giorno dopo sui giornali sono però uscite alcune frasi attribuite
a Lasperanza e tanto è bastato per scatenare un nuovo putiferio.
Soltanto in seguito si è scoperto che si trattava di un colloquio
carpito mentre Lasperanza discuteva con due colleghe della procura.
Il magistrato ha comunque ritenuto opportuno offrire al procuratore
la sua disponibilità a farsi da parte, astenenendosi dal rappresentare
la pubblica accusa in udienza. «Visto il clamore che ha suscitato
la vicenda - ha scritto in una lettera che è poi stata allegata
alla relazione per il ministro di Grazia e Giustizia e per il Csm - e il
susseguirsi di notizie relative a denunce presentate nei
miei confronti, per evitare che tali inziative del tutto strumentali
possano nuocere alla serenità del processo in corso, valuti lei
la possibilità di accogliere la mia richiesta si astensione».
La risposta di Salvatore Vecchione è stata un attestato di stima.
In calce alla lettera dello stesso Lasperanza, il procuratore ha scritto:
«Non si ritiene di accogliere la richiesta di astensione proposta
in
quanto inopportuna ai fini del processo in corso».
F.Sar.
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