“Prodi doveva tacere”

da La Repubblica del 20.9.98

di DANIELE MASTROGIACOMO
ROMA - Il problema, adesso, è il processo. Sono in molti a temere che la decisione del Csm e del ministro Flick, qualunque essa sia, possa condizionare il dibattimento per l’omicidio di Marta Russo. Ne è convinto anche Ettore Gallo, già membro del Csm ed ex presidente della Corte Costituzionale.
Cosa pensa del giudizio di Prodi?
“Se c’era bisogno di un intervento, questo spettava al Csm. Il presidente è un galantuomo e di solito è prudente anche nelle sue espressioni. Secondo me ha dato, come cittadino, un giudizio che stavano dando tutti. Lo posso capire. Ma come presidente del Consiglio avrebbe dovuto astenersi”.
Professore, lei ha espresso un giudizio molto severo circa le polemiche di questi giorni sul video della signora Alletto. Perchè?
“Ma sì, ho parlato di interferenza violenta sul processo di Marta Russo perchè di questo si tratta. L’emotività della gente, prodotta da quelle immagini, ha finito per far dare a molti dei giudizi intempestivi”.
La gente pensa: e se dovesse capitare a me?
“Capisco la preoccupazione. Ma poi: cosa avrebbero mai fatto di così grave i due pubblici ministeri? So di essere una voce fuori dal coro. Ma chi ha potuto visionare integralmente quel video, come il procuratore Vecchione, persona assai garantista e da tempi insopettabili, ritiene che non siano stati violati i principi a tutela della dignità e della garanzia della persona”.
Le decisioni del Csm e del ministro Flick potrebbero influire sul dibattimento?
“E’ una preoccupazione oggettiva. Nella mia vita professionale sono stato testimone di un precedente che ricorda da vicino questo caso. Facevo parte del Csm ed ero presidente della Prima commissione, quella che deve giudicare il comportamento dei magistrati. Un giorno mi chiama Vittorio Bachelet, che era vicepresidente del Consiglio, e mi dice: hai visto quello che sta accadendo in Sardegna? I giornali e le tv sono allarmati, ci sono moltissime polemiche. E aggiunse: vai a vedere cosa combina quel presidente”.
E cosa combinava quel presidente?
“Era presidente di una Corte d’assise d’appello e stava giudicando un’organizzazione della criminalità organizzata. Intimoriva i testimoni, bistrattava alcuni collaboratori. Obiettai a Bachelet che un nostro intervento sarebbe stato inopportuno. Che il dibattimento poteva essere condizionato. Riuscii a convincerlo e non ne facemmo più nulla. Solo alla fine del processo ci recammo in Sardegna”.
La signora Alletto potrebbe quindi essere intimorita da tanto clamore?
“No, non penso. Penso piuttosto ai giurati popolari e spero proprio che conservino la loro serenità”.
Non trova un po’ duri gli interventi dei pm durante l’interrogatorio della Alletto?
“Un conto è l’attività del pm, un conto quella del giudice. Il pubblico ministero ha il dovere di scoprire la verità. E se ha il sospetto che la persona informata sui fatti nasconda la verità, deve ammonirla”.
Anche prospettarle il rischio di finire dentro per una ventina d’anni?
“Le prospetta quello che potrebbe accaderle se venisse imputata e condannata per concorso in omicidio. Alla fine, infatti, è stata imputata di favoreggiamento”.
La signora Alletto dice la verità, secondo lei?
“La signora Alletto, se avesse avuto delle pressioni o fosse stata minacciata, nel momento in cui si trovava in aula aveva tutte le garanzie per denunciare queste circostanze. Non lo ha fatto”.