Marta Russo, dimissioni respinte in procura

da Il Corriere della sera del 20.9.98

Flavio Haver, 
ROMA - Il contestatissimo video dell’interrogatorio di Gabriella Alletto, supertestimone del processo Marta Russo, ha suscitato un pandemonio di polemiche, facendo vacillare le fondamenta stesse del processo. Una deflagrazione così dirompente da spingere - lo si è scoperto ieri - il pm Carlo Lasperanza ad offrire al procuratore capo Salvatore Vecchione la propria testa. «Visto il clamore suscitato dalla vicenda - aveva scritto il sostituto al superiore - e il
susseguirsi di notizie relative a denunzie presentate nei miei confronti sia al ministro sia al Csm sia alla Procura di Perugia, per evitare che tali iniziative del tutto strumentali possano nuocere alla serenità del processo, valuti lei la possibilità di accogliere la mia richiesta di astensione dal partecipare ulteriormente alle udienze». Vecchione però aveva respinto l’offerta di «dimissioni» con un appunto a penna: «Non si ritiene di accogliere la richiesta, in quanto inopportuna». 
Ma ecco spuntare un altro video, quello della ritrattazione di Francesco Liparota, l’usciere dell’Istituto di Filosofia del Diritto. Che prima aveva ammesso di aver visto Ferraro e Scattone nell’aula 6, e poi - scarcerato - si era rimangiato in Procura la confessione. I suoi legali, Pietro Nocita e Giovanni Aricò, hanno infatti deciso di chiederne la trasmissione in aula. «Il filmato, legittimo, potrebbe servire soprattutto ai giudici popolari - dice Nocita - che dalla mimica facciale di Liparota potrebbero trarre elementi utili sull’estraneità del nostro assistito nell’omicidio di Marta Russo. Liparota ha fatto delle confessioni per non stare in carcere, ma per noi vale la sua ultima dichiarazione fatta agli inquirenti, ai quali ribadì di non essere mai entrato nella stanza 6 di Filosofia del Diritto, la mattina del 9 maggio ‘97». 
Seminare il dubbio, sembra essere la parola d’ordine. Opera alla quale contribuisce lo stesso Liparota: «Quando ero lì dentro non sapevo che stessero registrando, non mi sono accorto di nulla», dice ad un cronista sotto casa.
Un’insinuazione che dalla Procura si affrettano a smentire, carte alla mano: «Vi sono i tecnici che procedono alla videoregistrazione dell’interrogatorio... - si legge nel verbale - diamo atto dell’interrogatorio verbalizzato e si procede alla trascrizione del riassunto poiché ci sono mezzi di registrazione in atto». Verbale letto e sottoscritto da Liparota e dal suo avvocato. 
Disinnescato Liparota, restano però intatti i guasti provocati dalla «bomba Alletto». Adesso la parola è al ministro Guardasigilli e al Csm: saranno loro a stabilire se il comportamento di Carlo Lasperanza e del procuratore aggiunto Italo Ormanni ha violato le regole deontologiche. Agli atti, oltre al nastro integrale dell’interrogatorio di Gabriella Alletto (che dura 4 ore) c’è la relazione che il procuratore Vecchione ha inviato al ministro. Una relazione tutta in difesa dell’operato
dei suoi uomini.  Che si concludeva con un appello accorato: «Ritengo mio dovere sottolineare che la questione coinvolge gli esiti di un processo penale in corso, di elevatissimo interesse emotivo, avente per oggetto l’efferata ed immotivata uccisione di una giovane. In tale prospettiva non posso che esprimere la mia preoccupazione che una vicenda tipicamente processuale
(che tuttavia ha inopinatamente oltrepassato i limiti naturali), possa influenzare negativamente il dibattito, rendendo concreto il pericolo di lesione dell’interesse fondamentale, quello di tutelare l’aspettativa di giustizia delle parti offese. Offrendo pretesti per ulteriori aggressioni - ingiustificate e mortificanti - per i rappresentanti di questo ufficio».