«Il
gip non è al di sopra delle parti»
da Il Corriere della sera del 20.9.98
Paolo Brogi,
ROMA - E' sicuro che il Gip si sia comportato in modo imparziale? Che
si sia attenuto al suo ruolo di giudice «terzo»?
Le difese tirano fuori le unghie e allargano il tiro dalla pubblica
accusa al giudice per le indagini preliminari, Guglielmo Muntoni, che nel
procedimento per l’omicidio di Marta Russo ha sempre accolto le ragioni
dei pubblici ministeri.
L’accusa, dettagliata è contenuta in un lungo memoriale sulla
conduzione dell’inchiesta consegnato venerdì al ministro Flick.
In 23 pagine che portano la firma di Giuseppe Scattone e di Giorgio Ferraro,
il padre e il fratello dei due assistenti sotto processo, puntano il dito
contro «molti aspetti anomali dell’inchiesta»: testimonianze
accusatorie tardive e contraddittorie, interrogatori poco ortodossi, condizionamento
dei testimoni, mancanza di verbali e, con un capitolo apposito, comportamento
del Gip.
I due familiari avevano fatto circolare nei mesi scorsi parti di questa
documentazione, una sorta di «samiszdat» ad uso di giuristi
ed editorialisti, ma ora l’hanno tramutata in un atto ufficiale d’accusa
per il Guardasigilli. A recapitarlo al ministro è stato il parlamentare
di Forza Italia, Marco Taradash, che lo definisce «un film di come
è stata costruita un’inchiesta sbagliata dall’inizio alla fine».
«Non voglio che mio figlio diventi un terreno di scontro politico
- premette Giuseppe Scattone -. Io non chiedo la testa di nessuno e non
m’interessa l’allontanamento di chicchessia. Però il ministro deve
sapere. Non mi lamento del processo, che anzi è una testimonianza
di correttezza giuridica. Ma l’indagine preliminare e il comportamento
del Gip lasciano di stucco». Per i familiari dei due imputati è
il momento di far luce sul comportamento
del giudice Muntone. «Si è fatto ricorso in modo sistematico
e ingiustificato - si legge nel memoriale - all’espediente procedurale
dell’incidente probatorio, motivandolo sempre e soltanto con presunte minacce
ai testimoni d’accusa.
L’Alletto ha detto pubblicamente di non averne mai ricevute. Particolarmente
grave è il suo caso: la richiesta di incidente probatorio, avanzata
dal pm non appena la modifica dell’articolo 513 fu approvata alla Camera,
venne accolta dal Gip quando ancora erano previste dal codice di Procedura
penale particolari condizioni, inesistenti nel caso in esame».
«L’adozione ripetuta della procedura dell’incidente probatorio
- prosegue il memoriale - destinata a sottrarre parti sostanziali del processo
alla loro sede naturale, il dibattimento in aula, è indicativa dell’atteggiamento
del Gip, sempre appiattito sulle posizioni del Pm, senza la minima concessione
alle richieste della difesa: ad esempio quella di allegare agli atti la
nota intervista televisiva di Augias all’Alletto».
Gravi elementi di dubbio sulla «terzietà del giudice»
emergono poi, secondo gli estensori del documento, dall’ordinanza di custodia
cautelare del 14 giugno, la notte della clamorosa confessione dell’Alletto
e dell’arresto dei due assistenti.
«L’interrogatorio in cui l’Alletto ha accusato i due è
cominciato alle 20 ed è proseguito fino alle 23 circa; l’ordinanza
di custodia cautelare redatta dal Gip è stata consegnata in Questura
agli arrestati alle 24. Non si vede come in un’ora il Gip abbia trovato
il tempo materiale per recepire le richieste del pm e per valutare la validità
di una testimonianza così decisiva, la coerenza globale dell’impianto
accusatorio e le effettive esigenze di custodia cautelare. La giustizia
italiana,
famosa in tutta Europa (in particolare a Strasburgo) per la sua lentezza,
sarebbe stata in questo caso veramente fulminea».
Con quell’ordinanza, accusano il padre di Scattone e il fratello di
Ferraro, il Gip avrebbe poi travisato «su tre punti essenziali le
dichiarazioni della Lipari, nel tentativo di renderle congruenti con quelle
dell’Alletto» relativamente alla presenza di Ferraro e Scattone nell’aula
6. Tutto ciò sullo sfondo di altre anomalie: «L’Alletto è
stata interrogata 14 volte, la Lipari 8, per lunghissime ore, molto spesso
di notte - ricorda il memoriale -. Gli inquirenti, presentando come un
fatto
accertato che il colpo fosse partito dall’aula 6, hanno condizionato
in modo decisivo i testimoni; hanno inoltre suggerito nomi ed esercitato
forti pressioni verbali e psicologiche. Uno dei pm ha dichiarato: “Il modo
come vengono condotti gli interrogatori non credo che attenga alla credibilità
o meno del teste”».
|