Oggi vertice di maggioranza. Giustizia, urge la riforma 

da La Stampa del 21.5.98

ROMA. Sull’onda della fuga del boss Cuntrera, Flick si dimette da ministro di Grazia e Giustizia con una lettera a Prodi, il quale prima respinge le dimissioni poi, in serata, dopo un vertice con lo stesso Flick, Napolitano e il capo della polizia Masone nonché dopo una serie di telefonate, le congela, in attesa del chiarimento che dovrà venire stamani, nel corso della riunione convocata a Palazzo Chigi, con i capigruppo della maggioranza. Incontro che dovrà fare il punto “sulla prospettiva dell’azione di riforma del sistema giudiziario”, comunica una nota di Palazzo Chigi.  Flick infatti nella sua lettera di dimissioni lamenta, tra l’altro, “l’attenuarsi, anche nella maggioranza, della percezione della necessità e dell’organicità dell’intero disegno riformatore” in materia di giustizia. E’ evidente che il ministro non intende passare da capro espiatorio per quanto è accaduto, né andare avanti senza il pieno consenso di tutti partiti che sostengono il governo. Se lo avrà, come tutto lascia supporre, le dimissioni rientreranno. E già D’Alema chiarisce le intenzioni dei ds: “Non è il momento di dare le dimissioni”. 
Questo avviene in serata, alla fine di una giornata che vede crescere l’imbarazzo nella maggioranza e da parte dell’opposizione si fa dell’ironia sulla déb^acle del governo in materia di sicurezza, dopo che alle fughe del boss mafioso e dei sequestratori sardi si aggiunge, dulcis in fundo, la notizia dei furti di Cézanne e Van Gogh alla Galleria d’arte moderna.
Una giornata cominciata, peraltro, con le caute dichiarazioni di Gianfranco Fini che da Palermo, lungi dall’invocare dimissioni come continuano a fare altri esponenti del suo partito, si limita a rilevare che “se quanto è successo fosse accaduto a un governo di centro destra, avremmo avuto la canea coi sindacati in piazza e l’Ulivo sulle barricate” e riafferma la validità del progetto di legge del senatore di an Alfredo Mantovani, per il quale “due gradi di giudizio sarebbero più che suficienti per ritenere un uomo colpevole o innocente”.  Anche il capo dei senatori diessini Cesare Salvi butta acqua sul fuoco acceso dai titoli di giornali e tg, rispondendo a chi gli chiede un parere su eventuali dimissioni di Napolitano e Flick, “non credo che si risolvano i problemi in questi termini”.  Poco più tardi, come un fulmine a ciel sereno, le agenzie di stampa battono il comunicato di Palazzo Chigi in cui Prodi respinge le dimissioni del Guardasigilli e lo invita a proseguire l’attività svolta “a realizzare la necessaria, profonda riforma del sistema giudiziario”. 
Quali dimissioni? A Montecitorio si cade dalle nuvole. Ma dura poco, che subito arriva, sempre via agenzia e sempre tramite Palazzo Chigi, la lettera in cui Flick, rivolgendosi a Prodi, gli annuncia la sua intenzione di rassegnare le dimissioni al Capo dello Stato. Una prassi a dire il vero inconsueta. 
“Ritengo di dovermmi assumere la responsabilità politica per l’irreperibilità di un imputato scarcerato per (presunta) decorrenza dei termini di custodia cautelare”, dichiara il ministro di Giustizia nella sua lunga lettera. Pur aggiungendo di avere la “serena consapevolezza” che personalmente non avrebbe potuto “fare nulla per impedire quanto avvenuto”. “Resta il fatto - aggiunge ancora - che il ministro della Giustizia e l’intero governo, credo, hanno appreso dell’avvenuta rimessione in libertà solo 13 giorni dopo”.
E non è solo questo il fatto macroscopico sul quale si dovrà indagare, visto che lo stesso Flick ha annunciato un’ispezione alla Procura di Palermo, dove il famoso fax, giunto dal cacere di Parma dove Cuntrera è stato rilasciato, è rimasto per cinque giorni sulla scrivania di un giudice assente, senza che nessuno se ne accorgesse. Ma di questo la lettera di Flick non parla. Parla invece, diffusamente, delle varie iniziative legislative intraprese, “con l’ambizione di coniugare efficienza e legalità”, come da programma dell’Ulivo del ‘96. Disegni di legge rimasti però fermi in Parlamento - rileva Flick. Ed è qui che si accenna allo scarso impegno della maggioranza. 
Intanto dalla maggioranza arrivano segni di disagio. Il capogruppo ds alla Camera Mussi sostiene di non credere che il fax possa essere rimasto lì fermo cinque giorni. E invita Flick a venire a chiarire l’accaduto davanti alle Camere. E lo stesso fa Folena, mentre Bertinotti dice che “questo governo ci piace sempre meno”, ma il capogruppo di Prc Diliberto rifiuta le dimissioni. Finché il coordinatore del Ppi Soro spiega che la decisione di Prodi di respingere le dimissioni di Flick è la premessa per un’assunzione collegiale di responsabilità per rimuovere le cause del male. Una linea che si concretizza alla fine con il congelamento delle dimissioni.
Maria Grazia Bruzzone