Avvocati: lo sciopero incontra limitazioni 

da Il Sole 24 ore del 21.5.98

ROMA — Gli avvocati hanno diritto di scioperare ma la loro libertà non è assoluta e tocca ai giudici bilanciare i valori che entrano in conflitto quando i legali si astengono, e prolungatamente, dalle udienze.  La Corte costituzionale (ordinanza 175/96) è tornata a ribadire — dopo la fondamentale sentenza 171/96 — che gli avvocati, anche se liberi professionisti, possono decidere di scioperare ma non possono danneggiare il servizio essenziale della giustizia. A chiamare in causa la Corte erano cinque ordinanze del Pretore di Milano che — emesse prima della sentenza “svolta” — ritenevano in contrasto con la Costituzione una serie di norme del Codice di procedura civile che impediscono al giudice di dichiarare la decadenza delle parti dal giudizio (o dall’acquisizione delle prove) con conseguente cancellazione della causa dal ruolo in caso di assenza del difensore motivata con lo sciopero.  I magistrati di merito di fronte alla Corte costituzionale invocavano la legge 146 del ’90 sui servizi pubblici essenziali, alle cui prescrizioni e modalità (in particolare congruo preavviso e limitazione di durata) le proteste dei legali non si erano attenute.
La Consulta ha risposto ai dubbi ricordando appunto la sentenza del ’96
con la quale ha dichiarato l’illegittimità della legge 146 nella parte in cui
non prevede anche per gli avvocati «l’obbligo di un congruo preavviso e di
un ragionevole limite temporale dell’astensione e non prevede, altresì, gli
strumenti indonei ad assicurare le prestazioni essenziali, nonchè le
procedure e le misure conseguenziali nell’ipotesi di inosservanza». Tale
sentenza e successive ordinanze, ha concluso la Corte, hanno chiarito
come «la libertà dei professionisti non sia assoluta, spettando al giudice
il potere di bilanciare i valori in conflitto, sì da far recedere — se del caso
? quella libertà a fronte di valori costituzionalmente rilevanti».