Il nostro Paese non ha aderito ai trattati di Ocse e Consiglio d'Europa

da Il Corriere della sera del 21.11.99

MILANO - In fondo, se solo la volontà dei parlamenti europei, italiano compreso, fosse meno gracile, convegni come quello di Palazzo Marino perderebbero ogni ragion d'essere. Dopo due giorni di discussione, il giudice Lorenzo Salazar, consigliere della rappresentanza italiana permanente all'Unione Europea e presidente del «Gruppo multidisciplinare contro la corruzione» del Consiglio d'Europa, lo sottolinea implicitamente. Tratteggiando, con garbo ed evidente rammarico, una cornice legislativa già pronta ma lasciata languire nella vaghezza che regolarmente segue l'assunzione di impegni internazionali. 
La convenzione Ocse del dicembre '97 e il trattato del Consiglio di Europa del novembre '98 sono rimasti infatti lettera morta. Perché se solo trovassero ingresso nelle legislazioni nazionali consentirebbero infatti di superare le secche su cui oggi sembra essersi mestamente arenata la spinta delle indagini delle Procure di mezza Europa. Di cancellare insomma quell'area franca che consente a fenomeni di corruzione internazionale di sfuggire alle sanzioni delle leggi nazionali. L'Italia, che pure aderisce a entrambi gli organismi (Ocse e Consiglio d'Europa), come altri importanti Paesi europei, non solo infatti non ha recepito nessuno dei due trattati, ma non ha neppure avviato alcuna procedura legislativa che consentirebbe un tempestivo aggiornamento del nostro Codice penale alle nuove previsioni. Norme sufficientemente chiare negli obiettivi strategici (trasparenza e garanzia non solo dell'agire della pubblica amministrazione, ma anche del rispetto delle regole del mercato nell'era della globalizzazione), quanto «rivoluzionarie» nel rimodellare la figura del reato di corruzione e la sua perseguibilità a dispetto dei confini nazionali. 
LA «NUOVA CORRUZIONE» - Nel trattato Ocse, come in quello del Consiglio di Europa, il concetto di corruzione acquista un significato sostanziale. Cade infatti la distinzione con la concussione e dunque scompare la figura della potenziale «vittima» del pubblico funzionario o del pubblico ufficiale, indotta a pagare tangenti perché intimidita o comunque costretta. «Attiva» o «passiva» che sia, del nuovo reato di corruzione dovrebbero insomma rispondere corrotto e corruttore in ogni caso. Anche e soprattutto se di due Paesi diversi. 
Un esempio. A differenza di quanto accade oggi, se i trattati dell'Ocse e del Consiglio di Europa venissero recepiti, un imprenditore italiano o francese (o di qualsiasi Stato aderente) dovrebbe rispondere nel proprio Paese di corruzione per le tangenti versate a funzionari pubblici di Paesi esteri. Per stare a un caso recente come il Russiagate, la «Mabetex» di Pacolli potrebbe essere inquisita in Svizzera per i suoi rapporti con il capo della tesoreria del Cremlino Pavel Borodin (cosa oggi impossibile, tanto che la magistratura svizzera per indagare deve procedere per sospetto riciclaggio). 
SOCIETA' E PRIVATI - All'abbattimento dei confini nazionali si accompagnano in entrambi i trattati nuove norme riguardanti anche la responsabilità delle cosiddette «persone giuridiche». Società o associazioni con fine di lucro. Appena accennate nella convenzione Ocse, le nuove norme vengono infatti precisate nel trattato del Consiglio di Europa che scioglie uno dei nodi su cui molto si è dibattuto in questi ultimi anni. Alla domanda fino a oggi irrisolta - Chi risponde penalmente di attività corruttive commesse da un soggetto impersonale come una società? - viene infatti data una risposta netta. Risponde, si legge nel trattato, «chiunque abbia una posizione di vertice» qualora della corruzione «abbia tratto vantaggio la società nel suo complesso». 
Infine, e nel solo trattato del Consiglio d'Europa, un accenno anche alla corruzione tra privati (ipotesi sconosciuta al nostro Codice penale). L'idea di farne un reato, concede il giudice Salazar, ha qualche cosa di «pionieristico», eppure è «necessaria in un'ottica di strategie globali» e di progressiva privatizzazione di servizi di pubblico interesse fino ad oggi riservati ai monopoli degli Stati nazionali. 
Carlo Bonini, 
LE NORMATIVE EUROPEE

IL CONSIGLIO D'EUROPA 
Ha approvato la «Convenzione contro la corruzione» nel novembre del '98. L'Italia non vi ha aderito 
LA CONVENZIONE 
Ecco cosa prevede. Pubblico ufficiale: scompare la distinzione tra corruzione e concussione. Esiste solo la corruzione. Diventa reato anche la corruzione in cui corrotto e corruttore siano entrambi soggetti privati. Diventa reato e deve dunque essere perseguita dal Paese del corruttore la corruzione «attiva» o «passiva» di un pubblico ufficiale di Stato estero. Responsabilità penale delle persone giuridiche a fine di lucro (società, enti economici ecc.) 
L'OCSE 
Ha approvato nel '97 una convenzione contro la corruzione. L'Italia non vi ha aderito 
L'ACCORDO 
Ecco cosa prevede la convenzione dell'Ocse. Saranno penalmente perseguibili le persone giuridiche (società, enti, associazioni) che abbiano corrotto un pubblico ufficiale. Il reato di corruzione viene inserito nelle ipotesi per le quali è sempre concessa l'estradizione 
LA CLASSIFICA 
Dati forniti dalla Organizzazione non governativa «Trasparenza internazionale». L'indice di trasparenza va da 0 a 10. Più è basso l'indice, più alto è il grado di corruzione 
Ecco la lista. Paesi: Gran Bretagna, indice di trasparenza 8,6; Germania (8); Stati Uniti (7,5); Francia (6,6); Spagna (6,6); Giappone (6); Italia (4,7); Cina (3,4); Russia (2,4)