Il pg Rovello e il giusto processo: 'Sì alle garanzie, no all'impunità' 

da Il Giornale di Sicilia del 21.11.99

PALERMO. (ul) 'C'è stata troppa fretta nell'approvazione delle modifiche all'articolo 111 della Costituzione, le norme sul "giusto processo". Una fretta che fa venire in mente quel detto sulla moglie di Cesare...': Vincenzo Rovello, dal giugno del '97 procuratore generale a Palermo, fa una pausa. Una lunga carriera in magistratura, una parentesi come ispettore prima e come direttore generale poi del ministero di Grazia e Giustizia, il procuratore generale di origine nissena ricorre alla metafora, a un accostamento che incuriosisce. 'Ciò che ha meravigliato, e lo dico come cittadino, è stata la fretta con cui è stata approvata la riforma, una fretta che ha dato la stura a dietrologie. Ma non è questo che preoccupa, quanto il raffronto con i dibattiti approfonditi che vennero fatti nel '46 e nel '47 dai costituenti. In particolare, dai componenti della 'Commissione dei 75' che ebbe a redigere la bozza poi discussa dall'Assemblea in seduta plenaria. Ci furono calorosi ed approfonditi dibattiti...'. Nel caso del 'giusto processo', invece, tutto è stato troppo rapido? 'Questa fretta non è stata in assonanza con un detto che, per lo più, viene rivolta ai magistrati: "La moglie di Cesare deve essere onesta e apparire tale". Facendo il paragone con quanto avvenuto all'Assemblea costituente, bisogna ricordare che proprio l'approfondimento del dibattito è stato anche garanzia di trasparenza. Comunque, tornando all'aspetto tecnico dell'articolo 111, come ogni legge costituzionale va rispettata e applicata. Ma restiamo in attesa delle norme transitorie che dovranno essere emanate dal Parlamento'. Il 'giusto processo' si fonda su tre punti fondamentali... 'Il contraddittorio tra le parti, la condizione di parità tra accusa e difesa davanti a un giudice terzo e imparziale, la ragionevole durata del processo. Tutti concetti che si ispirano a princìpi che noi magistrati abbiamo sempre propugnato. La formulazione dell'articolo 111 assicura che la persona accusata sia nel più breve tempo possibile informata riservatamente della natura e dei motivi dell'indagine: adesso vederemo come il legislatore ordinario vorrà rendere operativo questo principio. Si intende reintrodurre il vecchio avviso di reato, poi chiamato comunicazione giudiziaria e quindi avviso di garanzia? L'accusato può essere informato nella fase iniziale dell'indagine con buona pace del segreto investigativo? Anche nei casi di indagini per reati di mafia e corruzione?'. Da tecnico, cosa si aspetta da queste leggi ordinarie? 'Che non vengano vanificate le ragioni dell'accusa, e qui c'è da fare un discorso sulle garanzie per la difesa degli imputati, una battaglia che anche gran parte dei magistrati ha condotto da anni. Quand'era in vigore il vecchio codice di procedura penale sono state sollevate varie questioni di legittimità costituzionale su iniziativa dei collegi giudicanti, dei pm e dei giudici istruttori. Personalmente, ricordo che un collegio che concorrevo a formare a Varese sollevò, era il '60, la questione di legittimità costituzionale per estendere all'istruttoria sommaria le garanzie previste all'istruttoria formale. In sostanza, dalle magistrature di merito fu posto il problema del superamento di quella giurisprudenza della Cassazione che affermava la distinzione tra norme programmatiche e norme precettive contenute nella carta costituzionale'. Tornando alle aspettative sul Parlamento, eccellenza Rovello... 'Per la concretizzazione dei nuovi principi introdotti nell'articolo 111 c'è una "ragionevole fiducia" nel legislatore ordinario. Ma è bene precisare che, a mio giudizio, la condizione di parità che va garantita nel 'giusto processo' significa che devono essere contemperate le garanzie di difesa dell'imputato con le esigenze di difesa sociale. Insomma, dico sì alle garanzie purché ciò non si risolva nella sostanziale impunità'. Tra le riforme in corso c'è anche quella sul valore da dare alle accuse dei collaboratori di giustizia... 'Lascia perplessi la statuizione che in materia di collaboratori ciascuna dichiarazione sia riferibile in via esclusiva alla 'diretta e autonoma' conoscenza dei fatti da parte di chi l'ha resa. In sostanza, viene legislativamente introdotto un criterio di valutazione della prova. E in uno stato di diritto qual è quello italiano si viene a invadere un campo riservato alla magistratura. Ho l'impressione che questa sfiducia al giudice terzo sia ingenerosa, anche alla luce delle vicende di questi ultimi anni'. Che rischi vede: questa norma, così com'è, può essere considerata incostituzionale? 'Sì. Se la mia osservazione è esatta penso che potrebbe essere sottoposta a giudizio della Corte Costituzionale. La valutazione delle prove è indice dell'indipendenza del giudice. In questo caso, e per legge, si vorrebbe dire al giudice "questa prova non la puoi valutare...'. C'è chi parla di riflusso nella lotta alla mafia: condivide? 'Nei miei primi due discorsi di apertura dell'anno giudiziario sull'argomento ho espresso un 'cauto ottimismo'. Oggi parlerei di 'cauto pessimismo'. Con riferimento al distretto della Corte d'appello di Palermo, sul piano del controllo del territorio si è fatto ben poco specie nell'agrigentino e nel trapanese. Gli organici 'info-investigativi', e in particolare della guardia di finanza, sono altamente deficitari. Certo, alla mafia sono stati inferti colpi durissimi. Ma se non si prosegue in questa attività di contrasto daremo alla mafia la possibilità di riorganizzarsi, sia pure con sistemi e modi diversi come è avvenuto nel corso degli anni'. Resta sempre il nodo mafia-politica... 'Per oltre cento anni essere mafiosi non era reato. Ma dal 1982 in poi, con la legge Rognoni-La Torre, una certa prassi non di governo, ma nell'amministrazione di una parte del territorio dello Stato, non è più consentita'. Resta aperto il dibattito sul concorso esterno... 'A questa ipotesi di reato è stata riconosciuta legittimità in campo scientifico fino dal 1875, e cioè cento anni prima della legge Rognoni-La Torre, come concorso nel reato associativo. Anche se poi la Corte di Cassazione ha ritenuto nelle singole fattispecie che si trattasse di favoreggiamento'. Umberto Lucentini -----