D'Ambrosio: "Sì a Violante ma non è tempo di amnistie" 

da La Repubblica del 21.11.99

di BARBARA JERKOV 
ROMA - Una grande conciliazione nazionale per superare Tangentopoli ma anche tutta la storia degli ultimi cinquant'anni, un serio ragionamento storico-politico al termine della quale si può anche ipotizzare una soluzione politica, escludendo però amnistie per i reati di corruzione, e sottoponendo poi l'eventuale legge al giudizio degli italiani attraverso un referendum. La riflessione affidata da Luciano Violante ieri a Repubblica, fa discutere. E il procuratore di Milano, Gerardo D'Ambrosio, d' accordo con il presidente della Camera sull'inopportunità di un'amnistia per la corruzione, avverte: non è ancora il momento di chiudere con il passato.
"Le parole di Violante sono assolutamente condivisibili", plaude Walter Veltroni, "ci vuole un dibattito parlamentare volto a creare un clima di civile dialettica fra le forze politiche". Più cauto il giudizio di Antonio Di Pietro. "Perché il problema", osserva il senatore dei Democratici, "è vedere i contenuti. Se ci dobbiamo accordare per dimenticarci di ciò che è stato scoperto con Mani pulite, non possiamo conciliare nulla. Se invece ci dobbiamo accordare per evitare che in futuro ciò riaccada, allora va bene". 
Il punto è, avverte il procuratore D'Ambrosio, che l'Italia non è ancora pronta per un'amnistia su Tangentopoli. "Lo diceva anche Beccaria", osserva, "quello che scoraggia il crimine è l'inevitabilità della pena...". Perché il perdono, gli strappi col passato, spiega D'Ambrosio, si possono anche fare, ma a patto che il fenomeno criminale cui si riferiscono sia chiuso. "Noi invece vediamo che la corruzione c'è ancora", denuncia il procuratore di Milano, "e un' amnistia potrebbe dare coraggio a chi è timido".
Amnistia o meno, non è questo il problema, fa sapere il forzista Beppe Pisanu: "È accertare la verità su alcune grandi vicende che hanno cambiato il corso della vita politica italiana. Tra queste, prima fra tutte c'è il finanziamento illecito ai partiti e le malefatte dei servizi segreti dell'Est nel nostro paese". E il solo modo per accertare questa verità, continua il capogruppo di Forza Italia, non è un dibattito parlamentare ("impegnativo quanto si vuole), ma la commissione d'inchiesta che chiede il Polo. "C'è il rischio di assistere in Parlamento a una discussione sterile", nota infatti Alfredo Mantovano, di An, "in cui ognuno più che dire la sua verità, dice la sua opinione, trasformando il tutto, al di là di una bella esercitazione retorica, in uno sfogatoio generale". La riconciliazione di cui parla Violante, ricorda Mantovano, è in linea con il suo discorso di insediamento: "Ma la conciliazione non può essere scissa dalla legalità né dalla ricostruzione della verità: su alcune vicende si sa ormai tutto o quasi, ma non altrettanto, ad esempio, sulla Gladio rossa".
La commissione d'inchiesta, certo, potrebbe essere utile a riportare il confronto politico sul terreno che gli è proprio, liberando la storia degli ultimi 50 anni dai pregiudizi, in modo da guardare finalmente al futuro, commenta anche il presidente dei deputati del Ppi, Antonello Soro. Ma tutto sommato, fa notare, lo strumento tecnico per arrivare a fare chiarezza è irrilevante: "E tantomeno la commissione può essere brandita come condizione per patti di governo". Giustissimo, continua Soro, escludere come fa Violante, i reati di corruzione da un'eventuale amnistia. "Ma per il finanziamento illecito", sottolinea, "il discorso è differente". "Prima di pensare alla conciliazione nazionale, approviamo la legge corruzione", interviene anche il verde Alfonso Pecoraro Scanio, "altrimenti daremo davvero l'impressione che questo Parlamento, in materia di giustizia, fra giusto processo e 513, legifera a senso unico".
"Io comprendo realmente la necessità di guardare al futuro liberandosi dalle strumentalizzazioni del passato", dice Giuliano Pisapia, ex presidente della commissione Giustizia della Camera di Prc. "Occorre anche dire, però, che non si può stravolgere il passato quando si parla di reati che hanno inciso profondamente sulle regole democratiche". Perché è evidente, continua Pisapia, che in molti casi corruzione e finanziamento illecito hanno anche inciso sui risultati elettorali di determinati partiti, che grazie al denaro illegale hanno avuto più visibilità di quelli "onesti". Dunque, mentre per i reati minori l'amnistia è effettivamente "un male necessario", per questi più gravi non è accettabile: "Si possono ipotizzare unicamente soluzioni intermedie che, tenuto fermo il risarcimento del danno e l'interdizione dai pubblici uffici, sostituiscano la detenzione con sanzioni diverse".