Diliberto
agli Usa: “Vogliamo Silvia”
da Il Manifesto del 21.11.98
GUIDO RUOTOLO - ROMA
L a vicenda Ocalan rischia di aprire anche una (mini)crisi diplomatica
tra l’Italia e gli Usa. Dal Dipartimento di stato americano continua il
pressing perché il nostro paese conceda alla Turchia l’estradizione
del capo del Pkk. Ieri sera è intervenuta anche Madeleine Albright
per dettare la linea: l’estradizione è fuori discussion. Un pressing
che non è gradito dal nostro ministro di grazia e giustizia Oliverio
Diliberto, che ieri, al convegno promosso dalla fondazione Lelio Basso
sul caso Pinochet, ha replicato duramente: “Non vedo cosa c’entrano gli
Stati uniti nella questione Ocalan. Gli americani dovrebbero, invece, spiegarci
perché, sulla base dei trattati internazionali, non ci restituiscono
Silvia Baraldini”.
E’ irritato il Guardasigilli Diliberto. Pochi giorni dopo il suo insediamento,
l’ambasciatore americano a Roma, Thomas Foglietta, chiese di incontrare
il ministro di grazia e giustizia. Nel colloquio si parlò anche
del caso Baraldini e l’incontro si chiuse all’insegna del “cauto ottimismo”.
Ma gli impegni di Foglietta continuano a rimanere buone intenzioni. Agli
inizi di settembre lo stesso ambasciatore americano aveva promesso: “Il
ministro della giustizia Janette Reno ha scritto al ministro italiano Flick
che, a causa della gravità dei reati per cui Silvia Baraldini è
stata condannata e del suo rifiuto a non offrire nulla di più di
un parziale e cauto pentimento, gli Stati uniti, nel caso in cui Silvia
Baraldini dovesse essere trasferita sotto custodia italiana, dovranno ricevere
dal governo italiano sufficienti garanzie perché rimanga in carcere
almeno fino al mese di aprile del 2008”.
A metà settembre, il governo italiano inviò al governo
americano, per la sesta volta, la richiesta che Silvia Baraldini fosse
trasferita in Italia per portare a termine la sua condanna in un carcere
italiano, come prevede la Convenzione di Strasburgo. Sei richieste andate,
finora, a vuoto. Il dipartimento di stato americano, invece, pretende che
il governo italiano conceda l’estradizione di Abdullah Ocalan: “Gli Usa
continuano ad augurarsi che si trovi una soluzione per assicurare Ocalan
alla giustizia turca -ha detto ieri un portavoce del Dipartimento di Stato
-compatibile con le norme internazionali e la legge italiana”.In sostanza
- fanno notare al ministero di grazia e giustizia - gli americani violano
il trattato internazionale stipulato e ratificato tra Italia e Stati uniti
sulle estradizioni, non autorizzando il trasferimento in un carcere italiano
di Silvia Baraldini, e chiedono a noi di violare la Costituzione italiana
che vieta l’estradizione verso quei paesi dove è in vigore la pena
di morte.
Silvia Baraldini, 51 anni, fu arrestata dall’Fbi il 9 novembre del
1982, con l’accusa di aver partecipato alla progettazione ed esecuzione
di una rapina a un furgone portavalori della Brinks a New York, svaligiato
il 20 ottobre del 1981. Nel corso di quella rapina rimasero uccisi due
poliziotti e una guardia. Il 15 febbraio del 1984 Silvia Baraldini, che
si è sempre dichiarata innocente, fu condannata a 43 anni (pena
ridotta a 26 anni per i meccanismi automatici previsti dalla legge americana)
insieme con Sekou Odinga, entrambi appartenenti al gruppo di sinistra “Family”.
Silvia Baraldini fu condannata per la sua adesione al gruppo armato
(a lei non furono contestati gli omicidi dei due poliziotti e della guardia
giurata), e per questo ritenuta “terrorista” politica. Il 10 giugno scorso,
la commissione degli affari penali del Consiglio d’Europa, riunita a Strasburgo,
approvò un documento di compromesso per la “composizione amichevole”
del diverbio Italia-Usa sul caso Baraldini che prevede che, nel caso in
cui la detenuta vengatrasferita in Italia, deve rimanere in carcere “al
massimo fino al 2012 e al minimo fino al 2005”: “La pena - si legge nel
documento di Strasburgo - non potrà essere altrimenti ridotta in
Italia se non attraverso una grazia presidenziale”.L’ipotesi di compromesso
sottolinea che, sulla base della legge italiana, la detenuta, a partire
da un anno dopo il suo eventuale trasferimento in Italia, potrebbe ottenere
la semi-libertà solo se dagli Usa saranno giunti “rapporti soddisfacenti”
sulla sua condotta nelle carceri americane.
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