Indagini
su magistrati. Approvata la riforma
da Il Corriere della sera del 21.11.98
di VITTORIO GREVI
Dopo un lungo e ossessivo ping pong tra i due rami del Parlamento,
è finalmente stata approvata in via definitiva la legge che introduce
una nuova disciplina circa la competenza per i procedimenti riguardanti
i magistrati, modificando il criterio fissato nell’articolo 11 del Codice
di procedura penale, che tante polemiche aveva sollevato negli ultimi tempi.
Sulla base di tale criterio, infatti, per evitare che i suddetti procedimenti
si svolgessero nello stesso distretto in cui il magistrato (imputato, ovvero
offeso o danneggiato dal reato) esercitava le sue funzioni, si stabiliva
che la competenza dovesse sempre spettare agli uffici giudiziari siti nel
capoluogo del distretto di Corte d’appello «più vicino».
Senonché, per questa via, in forza del criterio della maggiore vicinanza,
poteva anche accadere che si verificassero peculiari ipotesi di competenza
«a incrocio» tra gli uffici giudiziari dei distretti confinanti:
nel senso, cioè, che i magistrati del capoluogo dell’uno fossero
per legge competenti a procedere e a giudicare nei confronti dei magistrati
dell’altro distretto, e così viceversa.
Una peculiarità di questa natura era destinata a provocare delicate
situazioni di disagio tra gli uffici giudiziari legati da «competenza
reciproca», a cominciare dalle Procure della Repubblica (il caso
più discusso, ma non l’unico, è stato quello dei magistrati
bresciani chiamati a indagare sui magistrati milanesi, e rispettivamente
di questi su quelli). Erano innegabili, infatti, i sospetti e i pregiudizi
che potevano derivarne per la serenità, e quindi per la stessa credibilità,
degli uffici legati da simili rapporti incrociati, non potendosi escludere,
almeno in astratto, il rischio di sia pur indiretti condizionamenti sullo
svolgimento delle rispettive funzioni.
Per eliminare questi inconvenienti era necessario, dunque, far leva
su un differente criterio di competenza, idoneo a rimuovere in radice qualsiasi
collegamento reciproco tra sedi giudiziarie contigue. In tal senso si era
orientato, nell’estate del 1996, un disegno di legge del ministro Flick
(dopo che era rimasto senza seguito un analogo Decreto legge proposto dal
ministro Caianiello), volto a stabilire che, nei procedimenti relativi
a magistrati, la competenza venisse fissata per legge «a catena»
tra i diversi distretti di Corte d’Appello. Più precisamente, sulla
base di una tabella di distribuzione «circolare» (per esempio
da Torino a Milano, da Milano a Brescia, da Brescia a Venezia e così
via), costruita in modo da evitare qualunque vincolo di reciprocità
tra i diversi uffici così individuati. Ed è questo, per l’appunto,
il criterio accolto nella nuova disciplina, che rappresenta senza dubbio
un piccolo, ma significativo, passo avanti per la nostra giustizia. Perché,
se da un canto assicura comunque la predeterminazione per legge degli uffici
giudiziari competenti, anche nei procedimenti relativi a magistrati, dall’altro
allontana ogni pur remota ombra, che la legge abrogata poteva talora alimentare,
circa il pericolo di influenze esterne sull’esercizio dell’attività
giudiziaria nei medesimi procedimenti.
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