Cassazione: no all’appello se la pena è patteggiata 

da Il Sole 24 ore del 21.10.98

ROMA — Contro le sentenze “patteggiate” non è possibile presentare appello ma solo ricorrere alla Suprema Corte e non è anticostituzionale il fatto che solo il pubblico ministero, e non anche l’imputato, sia legittimato ad appellarsi in secondo grado. Secondo la Cassazione (VI sezione penale, sentenza n. 10.911) non viene violato il principio di eguaglianza tra le parti dal momento che la pubblica accusa, col ricorso, può dolersi di non aver avuto accolte le sue istanze, cosa che non può valere per l’imputato: il patteggiamento avviene con il suo consenso. In pratica il Pm può chiedere una pena maggiore mentre chi ha patteggiato non può ottenere una condanna minore.
Le precisazioni della Cassazione emergono da una decisione su un imputato del processo Enimont: Giorgio Casadei, ex portaborse di Gianni De Michelis, condannato a quattro mesi, patteggiati, nel processo di primo grado. E gli effetti di questo rito, ha aggiunto la Cassazione, sono «retroattivi». Quando un imputato vuole patteggiare ma il Pm si oppone e solo dopo il dibattimento il giudice stabilisce che era legittima la pretesa, a nulla vale che la difesa abbia presentato eccezioni. Infatti «si verifica un effetto retroattivo nel senso che il momento di riferimento resta quello in cui la richiesta di patteggiamento è stata formulata». A maggior ragione, ha concluso la Corte, «sono escluse le ragioni di sostanza che presuppongono lo svolgimento di un dibattimento finalizzato alla decisione nel merito».