Rebus sul Guardasigilli 

da Il Sole 24 ore del 21.10.98

ROMA — La messa a punto della lista dei ministri si è presentata più laboriosa del previsto. Ma, nonostante le numerose e complicate difficoltà delle ultime ore, Massimo D’Alema scioglierà oggi la riserva e presenterà il suo Governo al presidente della Repubblica. Il dibattito sulla fiducia a Camera e Senato potrebbe così slittare all’inizio della prossima settimana.
Difficoltà per il presidente incaricato sono venute da diverse direzioni: dai socialisti democratici italiani di Enrico Boselli che ritenevano insufficiente per la propria visibilità la presenza di Giuliano Amato alle riforme istituzionali, visto che l’ex presidente del Consiglio non è neanche iscritto al partito. Al termine della giornata i socialisti democratici hanno visto soddisfatta la richiesta di un incarico ministeriale per un loro uomo, dopo aver minacciato di sostenere il futuro Esecutivo soltanto caso per caso.  C’è stata poi la ferma richiesta da parte di Francesco Cossiga di un ministero politico di prima grandezza (quasi certamente la Difesa) per Carlo Scognamiglio. Una richiesta che è stata ribadita anche ieri dal vertice udierrino e sostenuta dalla minaccia di astensione (minaccia poi smentita in serata dallo stesso Cossiga). Un sì a Scognamiglio potrebbe attenuare l’insistenza di Rocco Buttiglione per la Pubblica istruzione.  Ministero al quale potrebbe restare Luigi Berlinguer. Mentre per Ricerca scientifica ed Università sembra certo l’arrivo del popolare Ortensio Zecchino. Gli altri due possibili ministri dell’Udr sono Salvatore Cardinale e Guido Folloni.
Complicazioni anche per quanto riguarda la delegazione dei Comunisti italiani. Nerio Nesi, che era stato indicato per un ministero di significativo rilievo economico, a un certo punto si era detto pronto a rinunciare. Ma nel partito molti hanno considerato questa decisione una sorta di cedimento a resistenze o veti altrui. A quel punto è stato proprio il presidente dei deputati Oliviero Dilberto, il cui nome veniva fatto come probabile sostituto in un diverso ministero, a rilanciare la candidatura dell’ex presidente della Bnl. Risultato: è ancora incerto il nome del rappresentante dei comunisti che accompagnerà Ersilia Salvato nel nascituro governo.
Non senza conseguenze la scelta dei ministri da parte del Ppi. Tra il segretario Franco Marini e il presidente del Consiglio nazionale Gerardo Bianco è scontro aperto (ne riferiamo qui accanto) dopo che le aspettative ministeriali di quest’ultimo sono state sacrificate. Visto che la delegazione del Ppi al Governo comprenderà, oltre al vicepresidente Sergio Mattarella, Rosa Russo Jervolino, Rosy Bindi (Sanità), Enrico Micheli (Lavori pubblici) e Zecchino (Università).
Anche i Verdi reclamano un secondo ministro che potrebbe portare al Governo, accanto al ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, Laura Balbo, candidata alle Pari opportunità. Tra le nuove entrate in campo diessino potrebbe anche esserci Giovanna Melandri, la quale sostituirebbe Walter Veltroni al ministero dei Beni culturali.
Scontate le conferme per Lamberto Dini agli Esteri, per Carlo Azeglio Ciampi al Tesoro, per Vincenzo Visco alle Finanze è probabile anche quella di Pierluigi Bersani all’Industria, mentre ai Trasporti potrebbe andare Nesi, e Tiziano Treu potrebbe trasferirsi dal Lavoro alla Funzione pubblica. Sempre che Franco Bassanini sia disponibile a fare il sottosegretario a Palazzo Chigi, probabilmente affiancato da Marco Minniti.
Nonostante le forti difficoltà venute dai partiti, D’Alema dovrebbe riuscire ad inserire nel suo Governo, oltre al già citato Amato, il sindaco di Napoli Antonio Bassolino (Lavoro), e, forse, il Commissario europeo Emma Bonino, alla quale ha offerto il ministero per gli Affari europei.  Ma la questione più spinosa, ancora aperta, riguarda il ministero della Giustizia. Alla fine D’Alema prenderà una decisione consultandosi proprio con il capo dello Stato, al quale sottoporrà le diverse indicazioni possibili.  Ieri, intanto, Romano Prodi ha ribadito la sua presa di distanza dal Governo D’Alema. Evidenziando «oggettive diversità nell’impostazione politica rispetto alle indicazioni dell’elettorato del 21 aprile ’96». E, sulla stessa lunghezza d’onda, Antonio Di Pietro parla di «compagnia pericolosa» e «anomala accoppiata di comunisti ed ex democristiani in disarmo», auspicando che al primo punto dell’agenda del nuovo Esecutivo ci sia la riforma elettorale.
Guido Compagna