Nuove accuse contro Sprio: 'Fece
uccidere il suo legale'
da Il Giornale di Sicilia del 21.10.99 PALERMO. Dieci milioni per uccidere Giovanni Bonsignore. E dieci per
il suo ex avvocato Giuseppe Ramirez. Pagava, sostiene l'accusa, Nino Sprio.
Gronda sangue ogni giorno di più il terribile giallo che ruota intorno
al dirigente dell'assessorato regionale all'Agricoltura, ritenuto adesso
il mandante dell'omicidio del legale che lo aveva assistito in un procedimento
amministrativo. Ramirez fu ucciso a coltellate la sera del 31 ottobre del
1989 nel suo studio di via Guardione. Un delitto avvolto nel mistero, rimasto
per dieci anni senza responsabili. Adesso ci sono le dichiarazioni di Ignazio
Giliberti che attribuiscono a Sprio l'ordine di morte. Ad eseguirlo con
il 'solito' ingaggio sarebbe stato Pietro Guida, il barista palermitano
fermato tre giorni fa nel Molise. Ieri si è tenuta la convalida
del fermo di Guida (che la Procura continua a smentire di avere spiccato
e la squadra mobile di avere eseguito), accusato non soltanto di essere
l'assassino di Bonsignore, ma anche dell'avvocato Ramirez. In entrambi
i casi il mandante, dicono gli investigatori, era Nino Sprio. Ramirez e
Sprio si conoscevano e il primo aveva assistito l'altro in una causa civile,
tra i due forse erano sorti motivi di contrasto. La figura del dirigente
della Regione, così come la tratteggiano gli inquirenti, assomiglia
sempre di più a quella di un serial killer per anni incredibilmente
soltanto sfiorato dalle indagini. Avrebbe eliminato tutti coloro che gli
avevano dato fastidio, ma lui non si sarebbe mai sporcato le mani, delegando
ad un manipolo di pregiudicati il 'lavoro sporco'. Pagando per ogni assassinio
la stessa cifra: dieci milioni. In ordine cronologico si parte da quello
dell'avvocato Ramirez, seguono quello di Giovanni Bonsignore (9 maggio
'90), del dirigente regionale Filippo Basile (5 luglio '99) e del fornaio
Antonino Lo Iacono (12 ottobre '99). Nessuno aveva mai pensato di metterli
in relazione, fin quando non hanno aperto bocca i fratelli Giliberti. Secondo
la versione dei neo-collaboranti Sprio si rivolse a loro già nel
1989 quando avrebbe deciso di eliminare l'avvocato Ramirez. In quel frangente
uno dei fratelli era però in carcere e così al dirigente
della Regione sarebbe stato indicato il nome di Guida. Il barista bloccato
in Molise viveva nello stesso quartiere dei Giliberti, a Falsomiele, e
con loro avrebbe formato una vera e propria banda che eseguiva omicidi
per conto del miglior offerente. L'avvocato Ramirez fu sgozzato nel suo
ufficio: ad entrare in azione sarebbero stati uno dei fratelli Giliberti
e Pietro Guida. Un delitto efferato, mai chiarito dalla polizia. Eppure
la pista giusta era a portata di mano. Sprio venne convocato alla mobile,
ma dopo l'interrogatorio fu rilasciato. L'anno successivo il dirigente
della Regione, sostiene Ignazio Giliberti, ordinò un nuovo delitto,
stipulando un nuovo ingaggio. Fu scelto di nuovo Guida, e dai coltelli
si passò alla pistola. Il bersaglio era Giovanni Bonsignore, il
funzionario dell'assessorato alla Cooperazione che aveva scoperto una truffa
alla Regione ordita da Sprio. Guida, dice Giliberti, eseguì la missione,
il mandante pagò i soliti dieci milioni. Mandante e sicario restarono
sconosciuti eppure anche questa volta una pista emersa a caldo portava
proprio a Sprio. Il suo nome venne fatto da un collega di Bonsignore: segnalò
alla polizia che il funzionario ucciso aveva scoperta una truffa ideata
da Sprio. Ma quell'indizio venne trascurato, il delitto Bonsignore fu subito
definito come 'omicidio di mafia' e così Sprio riuscì di
nuovo a farla franca. Sprio venne poi coinvolto a Milano in un tentato
omicidio, assieme a lui finì sotto processo Antonino Lo Iacono,
un panettiere con il quale il burocrate avrebbe regolato i conti qualche
anno dopo. Per quella vicenda il dirigente fu condannato a cinque anni,
il fornaio venne assolto. E si arriva alla scorsa estate, quando Sprio
teme di finire licenziato per i suoi precedenti penali, il responsabile
dell'ufficio personale, Filippo Basile, propone la sua sospensione. Scatta
la nuova vendetta, questa volta se ne occupa Ignazio Giliberti che nel
frattempo è uscito dal carcere ed è sulla piazza. La missione
di morte va a segno, Giliberti incassa i dieci milioni. E altri dieci li
guadagna per l'assassinio di Antonino Lo Iacono, il fornaio che Sprio aveva
messo nella sua lista nera. Ma stavolta il gioco non riesce, la polizia
arresta Giliberti poche ore dopo l'omicidio e il killer rivela la lunga
scia di sangue. Leopoldo Gargano
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