Superare le paure
da Il Sole 24 ore del 21.10.99 di Sabino Cassese
La necessità di una riforma dell’ordinamento professionale nasce da un malessere interno al mondo delle professioni, che si traduce in un paradosso. Il malessere deriva, da un lato dal fatto che le professioni regolamentate raccolgono un mondo troppo vasto (circa un milione e mezzo di persone); dall’altro, che esse sono chiuse, nel senso che è difficile accedervi, specialmente se gli attuali professionisti controllano la selezione. Su questo malessere si sono innestati la pressione di nuove professioni, che cercano di avere anch’esse un riconoscimento statale, così, però, "banalizzando" la disciplina pubblica; e l’intervento dell’Autorità della concorrenza, preoccupata delle più evidenti violazioni delle leggi del mercato, relative alle tariffe e ai contingenti di talune professioni (notai e farmacisti). Il Governo Prodi, per uscirne, nominò una commissione presieduta dal sottosegretario Mirone, che fece un buon lavoro, stabilendo alcuni principi in un disegno di legge e delegando il Governo ad attuarli. Seguì un dibattito confuso, derivante dalla sfiducia di molti nel Governo che avrebbe dovuto attuare quei principi e dal desiderio di pochi di non far nulla, nel timore di perdere posizioni di privilegio. Intanto il mondo vasto dei professionisti e delle professioni attende un intervento che faccia chiarezza. La strada per uscire da questa situazione di stallo è semplice e consiste nella redazione di un testo che, salvaguardando il patrimonio di competenze e tecniche che si raccoglie nel mondo delle professioni, provveda ai più indispensabili aggiornamenti. Questi ultimi sono imposti o da nuove norme o dalla realtà dei fatti. Per esempio, bisogna adeguare gli accessi alla professione al nuovo ordinamento dell’istruzione superiore e all’esigenza di una selezione non discriminatoria. Occorre, in secondo luogo, dotare gli Ordini professionali di possibilità di controllo, mediante strumenti imparziali, per rispetto degli "standard" professionali. Occorre consentire, in terzo luogo, ai professionisti di utilizzare quegli strumenti (dalle società alla pubblicità) che sono a disposizione di ogni attività economica, sociale o tecnica. Dinanzi a queste esigenze di aggiornamento, attese dalla maggior parte del mondo professionale, alcuni settori arretrano, spaventati dalle novità. E, come quelli che temono la propria ombra, ingigantiscono i pericoli che verrebbero per il mondo delle professioni da un nuovo ordinamento, senza voler capire che tale nuovo ordinamento è, ormai, nei fatti dalle norme europee alle decisioni dell’Autorità della concorrenza. Per esempio, sostenere che le norme sulla concorrenza si applicano anche alle professioni e ai loro Ordini non vuol dire che questi sono trasformati in imprese: vuol dire soltanto che la disciplina della concorrenza si applica ben al di là del settore economico, persino allo Stato e agli enti pubblici (come è scritto nei trattati della Comunità europea). In conclusione, ben venga una nuova disciplina, che dia ascolto ai settori
delle professioni sensibili ai cambiamenti imposti dai fatti e dalla Comunità
europea (mi riferisco specialmente alle professioni tecniche); che conservi
valori e tradizioni essenziali delle professioni, aggiornandoli alle esigenze
sopravvenute; che consenta alle professioni stesse di controllare meglio
l’esercizio dell’attività professionale e il rispetto della deontologia
e gli "standard"; e, infine, consenta agli utenti di ottenere servizi migliori,
a costi ragionevoli.
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