«Sicurezza, subito in cella
dopo l’appello»
da Il Messaggero del 21.9.99
di MASSIMO MARTINELLI
ROMA - Lo Stato ha trovato la nuova strategia. Stasera, dopo un ultimo
seminario tra tecnici e ministri, il premier D’Alema annuncerà quali
sono le ulteriori misure che dovrebbero spaventare scippatori e killer,
rapinatori di banche e topi d’appartamento. Il condizionale è d’obbligo,
ancora una volta. Perché anche stavolta, sulla controffensiva della
legalità contro il crimine non c’è l’accordo tra le forze
politiche. Berlusconi, a nome di tutta l’opposizione, dice «no»
alle leggi speciali e annuncia addirittura un pacchetto di norme alternative
che saranno presentate a ottobre, durante un Security day ancora da organizzare.
Da parte sua, il primo ministro ha già fissato per giovedì
mattina un incontro con i capigruppo della maggioranza, per presentare
il pacchetto anticrimine e raccogliere il consenso di tutti. Poi toccherà
al Consiglio dei ministri, forse la prossima settimana, varare le nuove
norme.
La nuova strategia contro l’illegalità ruoterà intorno
a due obbiettivi principali, elaborati nelle scorse settimane sotto la
supervisione del sottosegretario alla Giustizia, Marianna Li Calzi, che
ha la delega agli Affari Penali. Da una parte arriveranno più poliziotti
nelle strade, con più poteri; dall’altra saranno trattenuti in carcere,
o agli arresti domiciliari, tutti i pregiudicati che hanno commesso nuovi
reati. I tecnici del ministero della Giustizia avrebbero ideato un marchingegno
giuridico per aggirare la Costituzione e rendere temporaneamente esecutive
le condanne di secondo grado, almeno per alcuni reati commessi con minacce
e ai danni di persone considerate deboli, come le donne, gli anziani e
i bambini. In pratica si tratterebbe di rovesciare il vecchio concetto
di «presunzione di innocenza» fino alla sentenza definitiva
in quello, nuovo, di «presunzione di colpevolezza», che scatterebbe
dopo due sentenze di condanna conformi, in primo e secondo grado, in attesa
del giudizio di Cassazione. In questo modo, senza violare la Costituzione
che prevede appunto tre gradi di giudizio, si potrebbe estendere a questi
casi la possibilità di applicare la carcerazione preventiva. Conteporaneamente,
dovrebbero essere introdotti alcuni sbarramenti normativi per limitare
il ricorso in Cassazione generalizzato, anche quando non esistono i presupposti
per la terza istanza alla Corte Suprema.
Un’altro caposaldo della nuova strategia riguarderà i nuovi
poteri che saranno assegnati alla Polizia giudiziaria. Dopo non pochi contrasti
tra il ministero degli Interni, che reclamava un allargamento delle competenze,
e quello della Giustizia, che le avversava, sembra scontata la restituzione
di un potere autonomo di indagine agli ufficiali di Pg, per un certo periodo
di tempo a partire dall’acquisizione della notizia di reato.
Arriveranno anche i braccialetti elettronici, per controllare i detenuti
agli arresti domiciliari, come già avviene negli Stati Uniti da
molti anni. Ma soprattutto ci sarà un giro di vite sui benefici
per i detenuti e per i condannati: scontata una revisione della legge Simeone-Saraceni,
che prevedeva l’affidamento sociale a tutti quelli che hanno condanne inferiori
ai tre anni, mentre saranno processati con il rito direttissimo (entro
48 ore dall’arresto) tutti coloro che hanno precedenti penali e sono accusati
di reati che creano allarme sociale.
Ma tutto questo, compreso un nuovo collegamento telematico tra commissariati,
questure e stazioni dei carabinieri, sarà operativo dopo una serie
di audizioni in Commissione Giustizia del capo della Polizia, del Comandante
dei Carabinieri e di quello della Guardia di Finanza.
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