Oggi il Csm esamina il dossier

da L'Unione Sarda del 21.9.98

Roma «Eccesso di zelo». Sul caso Marta Russo scende in campo anche Antonio Di Pietro. Non spara a zero sui due Pm romani, finiti nella bufera per colpa di quel video sull’interrogatorio di Gabriella Alletto, l’ex pm di Mani pulite. «Troppo zelanti,
ma in buona fede», dice convinto. Piuttosto da censurare è il comportamento di Romano Prodi. Sì, il presidente del consiglio - secondo il senatore - «se ha visto solo un frammento televisivo, ha fatto una leggerezza». Il suo intervento insomma sarebbe stato «intempestivo». 
Ed è quel che tra le righe ha scritto pure il capo della procura Salvatore Vecchione, nella sua relazione al ministro Giovanni Maria Flick nella quale difende l’operato dei due magistrati romani. «Basta con le aggressioni», è in sostanza l’appello del procuratore capo al Guardasigilli. E al governo: «Non fate pressioni sul processo». Il Pm Carlo Lasperanza voleva lasciare. Il suo capo lo ha fermato: «Non è opportuno», ha detto Vecchione. E Di Pietro ora si chiede: «Cosa deve fare il pm? Aspetta seduto sulla sedia che qualcuno venga spontaneamente a offrirgli la verità o può anche cercarla e sollecitarla?». Ricorda poi l’ex
magistrato del pool che durante il processo Enimont, nonostante la diretta televisiva, a proposito degli interrogatori «nessuno parlò di condizionamenti o intimidazioni. Eppure erano severi e con un’alta tensione emotiva». Durante la fase più calda di Tangentopoli - aggiunge Di Pietro - nemmeno gli avvocati e i contestatori di oggi ci rinfacciavano alcunchè. Forse che allora era un esercizio retorico? Ora che il vento è cambiato - si chiede alla fine - si sta andando, esagerando, nella direzione opposta?». 
Piace comunque al senatore la proposta di An che chiede la presenza di un avvocato o, comunque, di una persona di fiducia del teste anche in fase istruttoria. A patto però che «lo stato si faccia carico del patrocinio per i testimoni meno abbienti e sempre che sia una facoltà per la parte interessata e non un obbligo». Non difende i magistrati romani Guido Calvi, avvocato e membro della Commissione giustizia del Senato. «È vero - fa notare l’esponente diessino - che probabilmente come dice Vecchione non è stata violata alcuna norma. Ma il problema non è questo». Quello che Calvi stigmatizza è l’interrogatorio,
quello della Alletto appunto, «che una volta sarebbe stato definito di stampo poliziesco, e questo è inaccettabile». 
«Nel processo prima vengono le garanzie», conclude l’esponente diessino. D’accordo Magistratura democratica che denuncia, appunto, i rischi «di un progressivo allontanamento del pm dalla cultura della giurisdizione con attrazione verso metodi e prassi tipicamente di polizia». Non è sorpreso, per la difesa dei pm romani fatta da Vecchione, il padre dell’imputato Scattone.
L’ingegnere Giuseppe insieme al fratello di Ferraro del resto ha spedito al ministro Flick un lungo memoriale sulla conduzione dell’inchiesta in cui accusa anche il gip: «non è al di sopra delle parti». 
«Anche l’anno scorso ho inviato un esposto al ministro - ricorda Giuseppe Scattone - e non ho avuto alcuna risposta. Ora grazie alla tv, con la trasmissione delle immagini della Alletto, si sono tutti svegliati e alcuni anche spaventati». Sul comportamento dei magistrati si attende il giudizio del ministro della Giustizia e del Csm. La prima Commissione del consiglio
dovrebbe cominciare l’esame del dossier-Alletto già domani. Inevitabile l’apertura di un’istruttoria sul procuratore aggiunto Italo Ormanni e sul sostituto Carlo Lasperanza. 
DANIELA LUCIANO