Riforme
e giustizia. L’intesa più lontana
da Libertà del 21.9.98
ROMA Massimo D’Alema attacca Silvio Berlusconi e toglie ogni residuo
dubbio circa la praticabilità di un compromesso sulla commissione
d’inchiesta su Tangentopoli. E il leader del Polo ribatte: «Torna
fuori la scuola di Mosca».
A tre giorni dal voto sulla commissione, lo scenario non sembra pertanto
cambiato rispetto a due mesi fa, quando venne deciso un rinvio per «svelenire
il clima politico».
Il 15 luglio scorso, dopo che una “sollevazione” dei parlamentari diessini
aveva messo in crisi la sua politica del “dialogo ad ogni costo” con l’opposizione,
D’Alema ripiegava offrendo al Polo una «commissione d’indagine».
Ma Berlusconi, Fini e Casini insistevano per un organismo con «pieni
poteri», e il centrosinistra si rendeva conto che al momento del
voto la maggioranza avrebbe potuto spaccarsi ed essere sconfitta. Poco
o per nulla propensi a votare contro l’istituzione della commissione erano
infatti alcune frange del Ppi, buona parte dei Verdi, e Ri e Sdi al completo.
Il 23 luglio si decideva pertanto un rinvio di due mesi. Commento di Forza
Italia: «Sappiamo aspettare.
Meglio una gallina a settembre che un ovetto oggi». Due mesi
dopo, il dialogo maggioranza
-opposizione non appare migliorato: il pacchetto di riforme della giustizia
messo a punto dalla maggioranza non suscita alcun interesse da parte del
centrodestra, nè ha miglior fortuna l’ipotesi di rinviare la commissione
a dopo il semestre bianco. Il Polo è compatto dietro a Berlusconi
che si dice disposto a discutere «solo di legge elettorale»,
e rifiuta di parlare di giustizia se prima non si vara la commissione su
Tangentopoli. Ieri Gianfranco Fini ha rassicurato i suoi: «Siamo
ancora quelli delle “mani pulite”», e proprio per questo, a differenza
della sinistra, «non dobbiamo temere la commissione», mentre
D’Alema prende atto che con Berlusconi «dominato solo da un calcolo
personale» non è più possibile alcun dialogo e cancella
dal suo orizzonte una commissione che, dice, poteva essere «una opportunità»,
se il leader del Polo non l’avesse vista come «uno strumento di propaganda
e di lotta politica». Berlusconi replica che l’antico «riflesso
stalinista» spinge D’Alema a
«screditare e demonizzare l’avversario». Intanto il voto
sulla commissione per Tangentopoli incombe, e il centrosinistra appare
ancora diviso: contrari a mettere in piedi quella che a loro giudizio si
trasformerebbe subito in una «fabbrica di fango» restano i
Ds e Rifondazione, e questa è anche la posizione ufficiale del Ppi,
ma se, come appare assai probabile, si andasse (su richiesta del Polo)
al voto segreto, qualche sorpresa potrebbe venire. Sempre orientato al
sì appare invece Rinnovamento italiano, a meno che non vengano respinti
i suoi emendamenti miranti a far in modo che la commissione «non
giudichi l’ operato dei magistrati». Anche i Verdi pongono condizioni,
e dicono che voteranno a favore di un organismo che escluda i parlamentari
coinvolti in processi, non interferisca con l’elezione del capo dello Stato
e rispetti l’insindacabilità degli atti della magistratura.
«Assolutamente favorevoli» a che venga istituita la commissione
restano i Sdi.
In soccorso di una maggioranza tutt’altro che monolitica potrebbe però,
anche in questo caso, schierarsi l’Udr. Alla luce delle perplessità
manifestate da Francesco Cossiga - il quale ieri, a titolo personale, si
è schierato per il «no», e che per questo riceve le
congratulazioni di D’Alema - tre dirigenti dell’Udr, Scognamiglio, Buttiglione
e Mastella, decidono che «fermo restando il principio di lasciare
piena libertà di coscienza ai parlamentari, si tenga una riunione,
prima del 23, su questa materia «delicatissima per le istituzioni
e per i cittadini». Qualche novità potrebbe infine venire
dal comitato dei nove della commissione Affari Costituzionali della Camera,
che si occupa della commissione su Tangentopoli, il quale tornerà
a riunirsi prima del voto per discutere i diversi emendamenti, anche delle
opposizioni, intesi a delimitare compiti e natura dell’organismo parlamentare.
r.i.
Il Cavaliere replica a distanza agli attacchi del segretario della
Quercia: «È la solita scuola di Mosca - dice -. Quella di
D’Alema è pura diffamazione in stile stalinista»
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