Caso Alletto, la parola a Flick

da La Repubblica del 21.9.98

di DANIELE MASTROGIACOMO
ROMA - Occhi puntati su via Arenula, sede del ministero di Grazia e Giustizia. Sarà il Guardasigilli Giovanni Maria Flick a decidere la prossima mossa dopo l’arrivo della
relazione del procuratore capo di Roma Salvatore Vecchione sul caso Alletto. Ma non è cosa nè facile nè semplice. L’alto magistrato, oltre ad assolvere il suo aggiunto Italo Ormanni e il sostituto Carlo Lasperanza, ha voluto ricordare che è in corso un dibattimento, delicato e carico di attese emotive, e che ogni intervento rischia inevitabilmente di condizionare il suo regolare svolgimento.  “In tale prospettiva”, ha scritto Vecchione nella sua risposta al ministro Flick, “non posso che esprimere la mia preoccupazione che una vicenda tipicamente processuale possa influenzare negativamente il dibattimento, rendendo concreto il pericolo di lesioni dell’interesse fondamentale che è e rimane quello di tutelare le aspettative di giustizia da parte delle persone offese”. Cosa accadrà? Cosa deciderà di fare il Guardasigilli, in questo caso anche promotore dell’azione disciplinare? Nessuno, neanche tra i più stretti collaboratori del ministro Flick, si lascia andare a considerazioni, prospettando ipotesi e quindi nuovi scenari.
Ma la sensazione generale che si ricavava ieri sondando umori e valutazioni generiche, era che il Guardasigilli comunque qualcosa dovesse fare. Lasciar correre, soprattutto dopo l’intervento del presidente del Consiglio che aveva definito in Parlamento l’affare Alletto come una “gravissima vicenda”, è impensabile. Ma promuovere l’ azione disciplinare nei confronti dei due pm del processo Russo sarebbe anche un segnale che andrebbe a pesare sul futuro del dibattimento.
Già stamani, probabilmente, il ministro Giovanni Maria Flick riceverà la relazione conclusiva del gruppo di ispettori che ha lavorato al caso in questi giorni. Le tre videocassette dell’interrogatorio della signora Alletto sono state esaminate a lungo. E’ arrivata anche la documentazione che ripercorre cronologicamente i fatti e descrive i tempi dell’ostinata difesa della testimone e la sua successiva confessione. C’è infine, a corredo del tutto, la relazione del procuratore Vecchione. Non manca altro per prendere una decisione: il ministro Flick lo sa molto bene. Ma Flick è anche ministro ponderato che ama decidere dopo aver ragionato a lungo, sulla base di tutto il materiale consegnato. Ha chiesto di voler rivedere personalmente tutte le quattro ore di interrogatorio della Alletto e gli oltre cento allegati che sono giunti con la relazione di Vecchione. Questo per collocare il video nel contesto giudiziario dell’imputata. La legge gli consente un anno di tempo per prendere una decisione. E non è escluso che proprio per motivi di opportunità, legati al fatto che il dibattimento è in pieno svolgimento, prenda tutto il tempo che gli occorre. Magari fino al termine del processo, a verdetto emesso, quindi in un clima più disteso.
Mentre si valutano le soluzioni possibili, dalla sede del Csm si affaccia un suggerimento che potrebbe fare da sfondo alla linea grosso modo condivisa dai consiglieri della prima
Commissione, quella incaricata di giudicare il comportamento dei magistrati. Nulla di ufficiale. Piuttosto un orientamento che potrebbe salvare capre e cavoli. Oggi pomeriggio, la Commissione si riunirà. Si sa che i suoi membri convengono sulla necessità di non far passare sotto silenzio un atteggiamento non condivisibile sul piano etico, morale e di procedura. Ma vogliono anche analizzare nel dettaglio il famoso interrogatorio e sfatare un’emozione che considerano comunque esagerata e utilizzata in modo strumentale per altri fini, più vasti e legati al dibattito in corso sulla riforma della Giustizia. Come e in che modo si
traduca tutto questo è presto per dirlo. “Non faremo di un’erba tutto un fascio”, è il vago commento di un consigliere. “Valuteremo le singole responsabilità nell’interrogatorio”. Le prese di posizione di alcuni esponenti delle varie correnti della magistratura vanno in questa direzione. Il segretario di Magistratura democratica, Vittorio Borraccetti, ancora ieri tornava sull’argomento denunciando i rischi “di un progressivo allontamento del pm dalla cultura della giurisdizione con attrazione verso metodi e prassi tipicamente di polizia”.